venerdì 22 ottobre 2010

2 NOVEMBRE - la favola dei morti siciliani


Fra due giorni sarà La festa dei morti! Ricordo ancora oggi quando lo dicevamo a scuola: "la festa dei morti!" e la maestra con molto tatto ci spiegava che non era la festa dei morti ma la ricorrenza dei defunti, e noi a dire sì per farla contenta.
Lei era di Roma e non poteva capire questa usanza gentilissima che in Sicilia sono i morti.
Nella tristezza del giorno che commemora i cari defunti, solo i bimbi sorridevano e lo scoppiettìo delle loro pistole faceva da compenso a quel malinconico silenzio di chi pensava a chi non è più tra noi.
Che ansia per i ragazzini la sera del primo novembre! Si preparava un cesto grande, quello in cui la mamma metteva la biancheria da stirare; ed il cesto, sebbene grande era piccolo per la nostra avidità.
Ad alta voce esprimevamo i nostri desideri: sui carrettini di Voglio che i morti mi portano la pistola a capsi con scolpita la testa dell'indiano, come quella vista piazza Pancali! Voglio che i morti mi portano la pistola a capsi con scolpita la testa dell'indiano, come quella vista sui carrettini a piazza Pancali!
Mio fratello più grande, desiderava il fucile a piumini che in quegli anni era in vendita libera.
I nostri genitori ascoltavano questi discorsi e si scambiavano occhiate che a noi sfuggivano.
Per farci dormire o comunque farci stare buoni a letto, mio padre ci raccontava storie da fare rizzare i capelli ad un tignusu! (calvo).
Cosa curiosa, invece di stare svegli come ci eravamo ripromessi di fare, finivamo per cadere in un sonno pesantissimo, ed eravamo svegliati dagli scoppiettii delle pistole a capsi e fulminanti dei ragazzini del vicinato.
Allora lanciando urla ci precipitavamo in camera da pranzo, che fungeva pure da salotto, e meraviglia delle meraviglie, i morti ci avevano portato quello che noi per tanto tempo avevamo desiderato, eccetto per il fucile a piumini di mio fratello, perchè avevano lasciato scritto che era troppo pericoloso.
Eravamo così felici dei nostri giocattoli che più delle volte li portavamo al cimitero; e ci riunivamo sulla collinetta a giocare agli indiani... giocavamo anche in quel campo dove, contrassegnati da un elmetto, riposavano quelli del Conte Rosso.
Il 2 novembre era una giornata da Far West in tutta Siracusa, ai Villini, ai vicoli Zuara e Giuliana, in Ortigia, alla Borgata; poi il 3 novembre tutti a scuola, in via G:B:Perasso, ed una volta in classe la domanda spontanea e più frequente tra i ragazzini era: Chi ti lassaru i morti? (cosa t'hanno portato i morti?) perchè i morti si distinguevano in ricchi e poveri per via dei regali che facevano.
Quando un compagno di giochi più grande di me, mi disse chi in realtà fossero i morti che facevano regali ai bambini, ci rimasi male.
E' passato tanto tempo, i bambini sono cambiati, non giocano più in strada come una volta, chiusi come sono nelle case in condominio ed in quartieri dormitorio con gli occhi fissi al computer o televisione.
Non so se questa meravigliosa favola dei morti siciliani resiste ancora, anche se sarà inevitabile che su questa usanza il tempo scriverà la parola fine.
(da - I Ragazzi del Molo S. Antonio - di Armando Carruba)

mercoledì 6 ottobre 2010

LE DONNE DI FUORA


Le donne di fuora, dette pure Donne di locu, Dunnuzzi di locu (Sambuca), Donni di notti (Caltanissetta, Francofonte), Donni di casa (Nicosia), Donni, Dunzelli, Belli Signuri, Patruni di casa (Contea di Modica) Patruni d''u locu, Diu l'accrisci, sono essere soprannaturali, un po' streghe, un po' fate, senza potersi discernere in che veramente differiscono dalle une e dalle altre.
Geni benefici o malefici, disposti e fermamente decisi a giovare o a nuocere, ad arricchire o ad impoverire, a far belli o a rendere brutti, esse non hanno altro movente se non il capriccio, la bizzaria e una certa lor maniera di vedere e giudicare le cose.
Pitrè, Usi, IV, p.163
Armando Carruba