L’uomo del sud,
partito sempre, parte ancora oggi alla disperata, alla ricerca di un
lavoro che gli consenta di cambiare la sua esistenza.
Parte, quasi
sempre solo, lasciando la casa, il luogo natio, gli
affetti familiari, che costituiscono la vita stessa dell’uomo.
La poesia di MICHELE PAPA,
sensibile interprete dei problemi della sua terra, esprime in modo mirabile il
pianto e la disperazione dell’emigrante;
una poesia che sgorga dal profondo
dell’animo e che esprime lo struggente
desiderio di un
miglioramento sociale e non
soltanto per la Sicilia, ma per l’umanità.
L’EMIGRANTE di Michele Papa (da:
Unn’è la mafia)
L’EMIGRANTE
Come
profumava il pane a casa mia!
Mia madre
lo preparava,
con le sue
mani.
Lo condiva
col sale
e con
l’amore
e la
speranza.
A colline
di creta, gialle,
martoriato
dal sole
e dall’arsura,
al suo
padrone,
mio padre
lo strappava.
Qui le case
odorano di carni
e di
grasso;
la gente non
veste di nero;
tutto
risplende di cromi d’acciaio e di luci.
I bimbi
sono biondi
e vanno con
le scarpe,
non
soffrono il freddo
e la fame.
L’acqua
dipinge di verde
le colline
e i prati
ed è buono il mio padrone:
mi fa bere
con lui
quando
s’ubriaca.
Eppure
penso sempre
al sole che
mi ha tinto la pelle
alla gente
del mio paese,
che veste
di nero,
al mio
pane.
Mia madre
lo preparava,
con le sue mani
e lo
condiva col sale
e con
l’amore
e con la
speranza.
Come
profumava il pane a casa mia!
MICHELE
PAPA
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