venerdì 27 giugno 2014

i ragazzi del molo san antonio

A PASSARI ‘A NUTTATA
A passari ‘a nuttata in italiano: Deve passare la notte ed è la celebre frase di Eduardo De Filippo nel suo famoso lavoro teatrale Napoli Milionaria. Deve passare questa notte perché tutti abbiamo una notte  sperando che l’alba ci porti nuovi orizzonti positivi.
Da ragazzino sono stato un timido anzi dirò di più…timidissimo!  Meglio timido e sincero che etc. etc.,  naturalmente avevo i miei amori, che soltanto io sapevo, altre volte capitava del pazzesco come questa innocente storiella.
Da ragazzino abitavo al Molo S. Antonio in una casa che descriverla come meravigliosa è troppo poco, non c’è aggettivo che possa sottolineare la mia fanciullezza splendida!
Mio padre oltre ad essere Capo Guardia Sanitaria era anche il custode della Stazione Sanitaria Marittima, due edifici conosciuti come ‘U Lazzarettu per me ragazzino un sogno! Innanzittutto perché avevo il mare a mia portata nel vero senso della parola, in estate facevo colazione e dalla banchina di casa mi tuffavo nelle splendide acque del porto; in inverno godevo dello spazio di un grande terrazzo attigua all’abitazione e se questo non bastasse delle innumerevoli stanze vuote del piano sottostante insomma uno spasso difficile da descrivere ma facile da provare.
La mia stanza, guardava la ferrovia, quel tratto di linea ferrata, oggi strada, che dalla Stazione Centrale di Siracusa  andava alla Stazione Marittima, un peccato che questa Stazione non esiste più.
Le persiane lato ferrovia davano su due finestre …e va bene, finestrelle come quelle che si vedono nelle cartoline di una volta, era un pianterreno abitato da un carrettiere con la moglie, la suocera – la cara nonnina – e due figlie.
Non ricordo chi iniziò, ma fatto è che la domenica pomeriggio mi trovavo seduto sul davanzale della mia finestra a guardare la ferrovia ascoltando musica e dall’altra parte le due sorelle, m’interessava la più grande Mara; la sognavo per tutta la settimana e la domenica ci lanciavamo sguardi furtivi, sì perché se uno dei due si accorgeva che l’altro s’accorgeva che guardava…distoglieva lo sguardo! Una famiglia modello, diceva mia madre, a volte le ragazze venivano a casa per portare i vestiti realizzati dalla loro mamma che era una brava sarta a volte capitava che andavo io a portare la stoffa o a giocare nel loro vicolo con i compagni.
Un brutto giorno del ’59 mia madre ebbe un ictus, passammo dei momenti bruttissimi, ricordo i medici che  venivano,  i consulti i professori chiamati da Catania e un giorno la sentenza Non avrebbe superata la notte. Mio padre e la mie sorelle fecero il punto della situazione e tra le altre cose mi fecero andare dalla signora per dirle di non fare i due vestiti perché era inutile; ricordo che si precipitò a casa mia, la vidi piangere e non restituì la stoffa.
Quella notte nessuno a casa mia dormì, andai sul davanzale e stranamente la luce della casa di fronte era accesa…che stava male la nonnina? L’indomani mattina la signora venne a casa nostra portando i due vestiti fatti, ci aveva lavorato tutta la notte e fu di buon augurio perché mia madre superò quella notte e malgrado patì mille sofferenze morì il 28/9/1981.
Mara si era fidanzata giovanissima con uno che aveva bottega, più grande di lei e anche la sorella con un barista; negli anni che conducevo un programma radiofonico, Mara mi telefonò dicendomi che tutta la sua famiglia e sua madre in particolare mi ascoltavano domenica dopo domenica, sono andato a trovarla e ho conosciuto il marito, una bravissima persona buono come il pane e appunto nella sua bottega di generi alimentari vanno forte i panini per  gli studenti e operai mattinieri.
Da Mara ho saputo che la sorella è scomparsa per un male incurabile e che la madre sta malissimo spero tanto che passi la sua notte; quelle rare volte che passo da quella strada mi soffermo a guardare le due finestre  e non posso fare a meno di pensare: Com’era bello una volta.







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