(Armando Carruba e la suocera - dic. 2003)
Oggi è una giornata particolare, ricorre il secondo anno dalla scomparsa di mia suocera. Suocera e genero o suocera e nuora più delle volte non vanno daccordo; sono stato fortunatissimo perchè ho avuto un rapporto speciale con la mia e la ricordo sempre con affetto, scrivere altro lo ritengo superfluo.
lunedì 30 aprile 2007
W LE FESTE DI BALLO DI UNA VOLTA!
(in foto i due compari Armando Carruba e Gaetano Monterosso)
- Carissimo compare come siamo?
- Ca si tira avanti, perchè si dice "chi si ferma è perduto!"
- Oggi c'è un po' di freschetto
- Eh compare non è più il tempo di una volta, quando il pane era pane, il vino era vino...
- Il ballo era ballo!
- che ci trase il ballo?
- Ca mentri ca semu 'nto ballo abballamo! Ma ditemi una cosa: i balli di una volta che erano
uguali a quelli di oggi?
- ma quannu mai! Una volta chi conosceva i viaggi? le crociere? certe città li conoscevamo perchè
giocavamo sulla carta geografica...
- eh le feste di ballo di una volta organizzate a casa, era un'occasione unica e rara d'avvicinare
una picciotta, dare inizio ad un corteggiamento sperando in un successivo sviluppo
- e poi scherziamo? chi si sognava, senza correre pericolo, di tenere tra le braccia e stringere una
ragazza?
- per questo beati i tempi d'oggi ... io oggi dovevo nascere!
- Sì... perà troppo sale 'nta minestra finisce che sconza la pasta!
- e poi una volta ballando e ballando si cercava d'avere un appuntamento
- questo sotto l'attento sguardo delle madri!
- oggi ci sono le discoteche che è la stessa cosa???
- oltre ai giovani, le mamme, i papà, i nonni! si ballava al suono del grammofono
- o di un'orchestrina
- nessuno faceva coppia fissa!
- e che era fissa???
- oppure guancia a guancia, mano a mano...
- di solito il più brutto, quello che non avrebbe rimediato niente, metteva i dischi
- ogni tanto, sdisonorato, astutava 'a luci...
- e le madri in coro: a luccciiiiiii !
- tempi dove c'era rispetto anche per i nonni
- che reclamavano a fine serata la controdanza
- e quando si era un po' stanchi
- chidda era la passata dda' guantera: dolci e dolcini e vermuth o moscato, insomma si
riprendeva fiato!
- eh quello era ballo! tutti in una stanza sgomberata per l'occasione e sempre ridendo e
scherzando
- a proposito di ballo, vi saluto che mi devo andare a fare l'igniezione, che se non me la faccio
stanotte ballo davvero per il dolore e non c'è nè ridere e manco scherzare!
- compare vi riferisco !
- Carissimo compare come siamo?
- Ca si tira avanti, perchè si dice "chi si ferma è perduto!"
- Oggi c'è un po' di freschetto
- Eh compare non è più il tempo di una volta, quando il pane era pane, il vino era vino...
- Il ballo era ballo!
- che ci trase il ballo?
- Ca mentri ca semu 'nto ballo abballamo! Ma ditemi una cosa: i balli di una volta che erano
uguali a quelli di oggi?
- ma quannu mai! Una volta chi conosceva i viaggi? le crociere? certe città li conoscevamo perchè
giocavamo sulla carta geografica...
- eh le feste di ballo di una volta organizzate a casa, era un'occasione unica e rara d'avvicinare
una picciotta, dare inizio ad un corteggiamento sperando in un successivo sviluppo
- e poi scherziamo? chi si sognava, senza correre pericolo, di tenere tra le braccia e stringere una
ragazza?
- per questo beati i tempi d'oggi ... io oggi dovevo nascere!
- Sì... perà troppo sale 'nta minestra finisce che sconza la pasta!
- e poi una volta ballando e ballando si cercava d'avere un appuntamento
- questo sotto l'attento sguardo delle madri!
- oggi ci sono le discoteche che è la stessa cosa???
- oltre ai giovani, le mamme, i papà, i nonni! si ballava al suono del grammofono
- o di un'orchestrina
- nessuno faceva coppia fissa!
- e che era fissa???
- oppure guancia a guancia, mano a mano...
- di solito il più brutto, quello che non avrebbe rimediato niente, metteva i dischi
- ogni tanto, sdisonorato, astutava 'a luci...
- e le madri in coro: a luccciiiiiii !
- tempi dove c'era rispetto anche per i nonni
- che reclamavano a fine serata la controdanza
- e quando si era un po' stanchi
- chidda era la passata dda' guantera: dolci e dolcini e vermuth o moscato, insomma si
riprendeva fiato!
- eh quello era ballo! tutti in una stanza sgomberata per l'occasione e sempre ridendo e
scherzando
- a proposito di ballo, vi saluto che mi devo andare a fare l'igniezione, che se non me la faccio
stanotte ballo davvero per il dolore e non c'è nè ridere e manco scherzare!
- compare vi riferisco !
domenica 29 aprile 2007
LU SIGNURI DI LU TRI DI MAJU A SUTERA
(Sutera - monte Paolino - foto prelevata dal sito www.sicilianelmondo.com)
Il tre di maggio a Sutera prov. Caltanissetta, è una data molto speciale perchè viene portato in processione, attraverso un percorso del tutto inusuale ed unico, il SS. Crocifisso. Il corteo di lu Signuri di lu tri di maju con il simulacro del Crocifisso portato rigorosamente a spalla si snoda attraversando la piazza Umberto I, via S'ant'Agata, via Carmine e, sostando per la benedizione nella chiesa madre.
Subito dopo, proseguendo per i "fornelli" per la speciale benedizione delle "messi di grano". Ai balconi, al passaggio del simulacro del Cristo, i paesani offrono fiori ed erbe profumate fino a ricoprire le strade del paese.
Il tre di maggio a Sutera prov. Caltanissetta, è una data molto speciale perchè viene portato in processione, attraverso un percorso del tutto inusuale ed unico, il SS. Crocifisso. Il corteo di lu Signuri di lu tri di maju con il simulacro del Crocifisso portato rigorosamente a spalla si snoda attraversando la piazza Umberto I, via S'ant'Agata, via Carmine e, sostando per la benedizione nella chiesa madre.
Subito dopo, proseguendo per i "fornelli" per la speciale benedizione delle "messi di grano". Ai balconi, al passaggio del simulacro del Cristo, i paesani offrono fiori ed erbe profumate fino a ricoprire le strade del paese.
SFILATA DI CARRETTI A BELVEDERE
1° maggio sfilata dei carretti siciliani a Belvedere, frazione di Siracusa, uno straordinaio spettacolo per le stradine di questo quartiere che vive e vanta le tradizioni; è anche un'occasione per i giovani di vedere i carretti che un tempo giravano per le strade dell'isola.
Complimenti agli organizzatori.
Complimenti agli organizzatori.
PROVERBIO DEL GIORNO
Tri sunu li putenti: 'u papa, 'u re e ccu nunn'havi nenti.
Tre sono i potenti: il papa, il re e chi non ha niente.
Tre sono i potenti: il papa, il re e chi non ha niente.
sabato 28 aprile 2007
TEATRO
(Armando Carruba foto scattata il 26.4.07 dall'amica Ines)
Sono io al Teatro Aurora di Belvedere il 26.4.07 prima dell'inizio spettacolo; è meraviglioso prima dell'ingresso del pubblico in sala, respirare i preparativi allo spettacolo: le luci da posizionare, gli effetti e il regolamento voci audio, gli ultimi ritocchi alla scenografia ... poi entra il pubblico e la serata gira sempre alla grande!
Sono io al Teatro Aurora di Belvedere il 26.4.07 prima dell'inizio spettacolo; è meraviglioso prima dell'ingresso del pubblico in sala, respirare i preparativi allo spettacolo: le luci da posizionare, gli effetti e il regolamento voci audio, gli ultimi ritocchi alla scenografia ... poi entra il pubblico e la serata gira sempre alla grande!
SUPERSTIZIONI SICILIANE - A Brutta
Quando i neonati avevano il nervo teso nel balataru (palato), piangevano non potendo succhiare al seno materno.
Le loro mamme li portavano da una donna anziana che dopo aver strofinato il dito indice sul limone, lo passava in tutta la bocca del bambino per disinfettarla.
PROVERBIO DEL GIORNO
CI DISSI 'U VERMI A' NUCI: DAMMI TEMPU CA TI SPURTUSU.
DISSE IL VERME ALLA NOCE: DAMMI TEMPO CHE TI BUCO
DISSE IL VERME ALLA NOCE: DAMMI TEMPO CHE TI BUCO
Filippo Raciti
Giorno 23 aprile l'auditorium della scuola di via Asbesta di Siracusa è intitolato a Filippo Raciti, lo sfortunato ispettore di polizia morto durante gli scontri del 2 febbraio fuori lo stadio del cibali di Catania durante la partita Catania - Palermo.
Per non dimenticare e perchè la scuola è un luogo di conoscenza e incontro oltre che palestra di vita, ed è importante che sia un luogo in cui ricordare che non debbono più esserci momenti come quelli vissuti quella giornata.
Per non dimenticare e perchè la scuola è un luogo di conoscenza e incontro oltre che palestra di vita, ed è importante che sia un luogo in cui ricordare che non debbono più esserci momenti come quelli vissuti quella giornata.
giovedì 26 aprile 2007
Dal 28 aprile al 3 maggio si celebra la sudorazione di S.Lucia
(statua marmorea che traspirò nel 1735)
Per commemorare la traspirazione della statua della statua marmorea di Santa Lucia avvenuta nel 1735, quando durante l'assedio spagnolo, vista la mancanza di morti e feriti si gridò al miracolo, la Parrocchia dei frati minori ha organizzato un articolato programma, inclusivo di preghiere e canti.
Ricordiamo che della sudorazione della statua marmorea, nel 1735, si accorsero alcuni ingegnieri spagnoli introddotisi nel tempio, in compagnia dei francescani. Mentre i primi compresero immediatamente la portata dell'evento, i secondi lo attribuirono ad un fenomeno ottico.
Le analisi successive diedero ragione agli ingegnieri: il liquido che esalava dalle mani, dai piedi e dal viso della statua, era simile al sudore umano.
SIRACUSA CONTRO I SICULI - Ducezio (459-450 a.C.)
Le continue immigrazioni di Greci nell'isola, causavano ai Siculi enormi perdite di ricchezze perchè venivano ricacciati verso l'interno.
Non mancarono, tuttavia, isolati tentativi di riscossa e, verso la metà del V secolo, alcune città sicule trovarono il modo di allearsi ed affrontare le città greche in una guerra che durò circa 10 anni: infatti, mentre i Greci erano spinti dal desiderio di conquistare e colonizzare l'isola, i Siculi erano mossi dallo spirito di conservazione e di intolleranza ad ogni invasione straniera.
Alcuni anni dopo i sicelioti avevano sconfitto i cartaginesi, un valoroso e leggendario condottiero siculo, Ducezio, si mise a capo delle popolazioni locali, per liberare la Sicilia dal dominio greco.
Fondata una lega tra le varie città, mosse guerra a Siracusa ed Agrigento. L'impari lotta durò dal 459 al 450 a.C. dopo alcuni effimeri successi, Ducezio fu catturato dai siracusani ed esiliato in Grecia, a Corinto.
Cinque anni dopo, abbandonato l'esilio, Ducezio ritornò in Sicilia dove fondò la città di Calacta, vicino Palermo, vi riunì un esercito pronto alla riscossa, ma mentre preparava una nuova guerra contro le città greche, morì.
Le città che avevano collaborato al suo sogno di libertà, unità ed indipendenza, furono sottomesse e obbligate a pagare pesanti tributi alla potente città di Siracusa.
Ma benchè il tentativo eroico fosse miseramente fallito, tuttavia esso costituì un episodio notevole della resistenza opposta dai Siculi all'avanzata dei Greci.
Non mancarono, tuttavia, isolati tentativi di riscossa e, verso la metà del V secolo, alcune città sicule trovarono il modo di allearsi ed affrontare le città greche in una guerra che durò circa 10 anni: infatti, mentre i Greci erano spinti dal desiderio di conquistare e colonizzare l'isola, i Siculi erano mossi dallo spirito di conservazione e di intolleranza ad ogni invasione straniera.
Alcuni anni dopo i sicelioti avevano sconfitto i cartaginesi, un valoroso e leggendario condottiero siculo, Ducezio, si mise a capo delle popolazioni locali, per liberare la Sicilia dal dominio greco.
Fondata una lega tra le varie città, mosse guerra a Siracusa ed Agrigento. L'impari lotta durò dal 459 al 450 a.C. dopo alcuni effimeri successi, Ducezio fu catturato dai siracusani ed esiliato in Grecia, a Corinto.
Cinque anni dopo, abbandonato l'esilio, Ducezio ritornò in Sicilia dove fondò la città di Calacta, vicino Palermo, vi riunì un esercito pronto alla riscossa, ma mentre preparava una nuova guerra contro le città greche, morì.
Le città che avevano collaborato al suo sogno di libertà, unità ed indipendenza, furono sottomesse e obbligate a pagare pesanti tributi alla potente città di Siracusa.
Ma benchè il tentativo eroico fosse miseramente fallito, tuttavia esso costituì un episodio notevole della resistenza opposta dai Siculi all'avanzata dei Greci.
LEGGENDA SIRACUSANA - La Pellegrina
La costa della penisola della Maddalena, così chiamata per l'esistenza un tempo su di essa di una chiesetta dedicata a Maria Maddalena, è anche nota dai siracusani come 'a Piddirina, la Pellegrina.
Il nome si ricollega ad una leggenda di pescatori, secondo cui, un tempo, un giovane marinaio ed una giovane fanciulla erano soliti incontrarsi in tutte le notti di luna piena nella grotta che chiude la baia della Pellegrina, per amarsi appassionatamente su di un letto di alghe.
Una brutta notte, la giovane si recò come sempre nella grotta per aspettare il suo bel marinaio, ma questi non si fece vedere nè allora, nè mai più (come pare sia uso dei marinai).
La giovane non si diede per vinta e da allora andò pellegrinando più e pià volte nei dintorni della grotta, ma sempre invano.
I pescatori raccontano che ancora oggi, bordeggiando nei pressi della grotta nelli notti di luna piena, sia possibile vedere racchiusa in un fascio di luce lunare la povera Pellegrina, che attende invano il suo giovane marinaio.
mercoledì 25 aprile 2007
martedì 24 aprile 2007
MANGIAR SICILIANO - Salpa
Ecco una bella ricetta, facile da eseguire:
LA SALPA A MODO MIO
Procuratevi una bella Salpa e, dopo averla ben pulita, ponetela in carta stagnola su un letto di carote, cipolle, prezzemolo, basilico e pezzetini di pancetta con cui arrotolerete la Salpa; aggiungete un pò di pepe e un pizzico di sale, richiudete il cartoccio, ponetelo in forno per circa 30 minuti e... Buon Appetito!
PESCI
Ecco un elenco parziale di pesci dei nostri mari che normalmente puoi trovare in pescheria:
Anciova = acciuga
aiula = mormora
alàccia = alosa
alalònga = alalunga
ammaru = gambero
Arànciu 'i mari = granchio
Auràta = Orata
aùgghia = aguglia
baddòttula = mostella
bavùsa = bavosa
calamàru = calamaro
Capùni, Lampùca = Lampuga
Cavadduzzu 'i mari = ippocampo
Cèfalu = cefalo
mulèttu = muggine
cicirèddu = cicirello
cipudda = scorfana rossa
ciregna = cernia
Còcciula = Arsella, Tellina
Cozza, cozzula = Mitilo nero
Dèntici = dentice
Delfinu, Tummareddu, Firuni, Fera = delfino
Linguàta = sogliola
Lùvaru = Pagello
masculìnu = alice
mazzùni = ghiozzo
mìnnula = menola
mirrùzzu = merluzzo
Muccu, Nannàtu = neonato di pesce azzurro
murina = morena
occhiu di voi = orecchia marina
opa, uopa = boga
palùmmu = palombo
panta = soglioletta
picata, raja = razza
piscispatu = pescespada
puddicinèdda = pescespada piccolo
purpu = polpo
ruvettu = pesce rovetto
sangunusu, tunnacchiu = sanguinaccio, piccolo tonno
sàracu = sarago
sarda = sardina
sàuru = squamuto
scòrfana = scorfano
sìccia = seppia
spàtula = pesce spatola
spìnula = spigola
stidda di mari = stella marina
sgummu = sgombro
sturiuni = storione
tartùca 'i mari = tartaruga marina
tòtanu = totano
tràcina = dragone marino
trèmula = torpedine
trigghia = triglia
tunnu = tonno
ucchiàta = occhiata
virriùla, pizzirrè = girella, donzella.
SIRACUSA CONTRO CARTAGINE - LA BATTAGLIA DI IMERA 480 a.C.
La Sicilia oltre che punto d'appoggio commerciale e zona d'espansione per i Cartaginesi fu, fin dalla metà dell'VIII sec., colonizzata dai popoli della Grecia. Essi non si limitarono soltanto a conquistare le coste, ma penetrarono all'interno, come hanno dimostrato numerosi scavi archeologici eseguiti anche recentemente. Nella primavera-estate del 480 a.C., tre città greche alleate: Siracusa, Imera e Agrigento, divenute potenti, infliggevano ai cartaginesi una disastrosa sconfitta vicino ad Imera, distruggendo l'intero esercito che era stato inviato in Sicilia con l'evidente scopo di scacciare i Greci dall'isola. L'intera flotta cartaginese fu incendiata e i prigionieri furono impiegati, tra l'altro, nella costruzione dei famosi templi ad Agrigento, fra cui quello colossale di Giove, definito "meraviglia del mondo".
Il 480 a.C. è stato senza dubbio un anno decisivo per la storia del mondo: infatti, se Cartagine avesse vinto, avrebbe allargato il suo dominio fin sulla penisola, in un periodo in cui Roma non era in grado di opporre resistenza.
ACI E GALATEA
Narra la leggenda che il pastorello Aci figlio di Fauno, amava la ninfa del mare Galatea, ma il loro amore era contrastato dal Ciclope Polifemo che si rodeva il fegato dalla gelosia.
Tutte le sere Aci raggiungeva la spiaggia e aspettava ansiosamente l'arrivo della ragazza. Un giorno però, Polifemo, che abitava da quelle parti, scoprì il tenero amore dei due e, in preda alla gelosia e all'ira, scagliò un grosso masso sul povero Aci uccidendolo crudelmente. Galatea, impietrita dal dolore, dopo aver raccolto le ultime parole del suo amato, gridò vendetta ed invocò il padre degli dei Giove, affinchè punisse il ciclpe Polifemo e chiese che il pastorello restasse per sempre con lei in mare. Giove, impietositosi dalle lacrime della ninfa, concesse che il corpo di Aci fosse trasformato in un ruscello. Così Aci, sfociando in mare, continuò ad incontrare la sua amata Galatea.
Questo mito è legato alla città a cui il pastorello ha dato il nome: Acireale. Nella villa Belvedere si ammira un bellissimo gruppo marmoreo che raffigura il momento culminante del mito, allorquando Galatea, visto Aci morente, invoca l'aiuto del dio Giove. (fig. 1) -
ALFIO CALTABIANO
Strepitoso successo ha avuto il poeta-folklorista carlentinese Alfio Caltabiano all'Università della terza età di Carlentini, catturando l'attenzione del pubblico con straordinaria maestria. Il pubblico ha seguito lo spettacolo ben oltre il tempo previsto e ha proposto una serie di documenti davvero preziosi.
L'amico Alfio usa il dialetto con una capacità ormai diventata rara; il pubblico ha talmente gradito gli interventi al punto di chiedere al Caltabiano se può programmare un altro incontro.
All'amico Alfio i miei complimenti !
PROVERBIO DEL GIORNO
Tantu va 'a quartara all'acqua ca, o si rumpi o si ciacca.
Tanto va la brocca all'acqua che, o si rompe o si incrina.
Tanto va la brocca all'acqua che, o si rompe o si incrina.
VIZZINI
Oltre alla sagra della ricotta e del formaggio, Vizzini è un'occasione per vivere l'arte e respirare l'ambiente della Cavalleria Rusticana di Giovanni Verga.
Arrivo a Vizzini dei 20 finalisti con i rispettivi docenti accompagnatori per la II Edizione del Priemio Letterario Nazionale Giovanni Verga "Novelle dal vero".
E poi l'apertura dell'Osteria della Gna' Nunzia, sfilata di carretti siciliani, gruppi folcloristici, compagnie teatrali e cuntastorie e tanta ricotta e formaggio.
Arrivo a Vizzini dei 20 finalisti con i rispettivi docenti accompagnatori per la II Edizione del Priemio Letterario Nazionale Giovanni Verga "Novelle dal vero".
E poi l'apertura dell'Osteria della Gna' Nunzia, sfilata di carretti siciliani, gruppi folcloristici, compagnie teatrali e cuntastorie e tanta ricotta e formaggio.
domenica 22 aprile 2007
SICILIA: Popoli e Civiltà
Sappiamo che, nella millenaria storia della nostra isola, molti sono stati i popoli che l'hanno conquistata; infatti nel corso dei secoli, vi incontriamo Fenici, Cartaginesi, Greci, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, Svevi, Angioini, Spagnoli, Austriaci e altri ancora.
E tutti questi popoli hanno lasciato un'impronta più o meno marcata della loro permanenza nell'isola non solo nell'arte e nella cultura, ma anche nel linguaggio, negli usi e costumi e perfino nel modo di pensare e agire.
Perchè, vi chiederete, essi hanno dimostrato il loro interesse per questa bella isola?
Perchè la Sicilia essendo posta al centro del mar Mediterraneo, offriva la possibilità di controllare più facilmente i loro interessi commerciali o difendere meglio le terre conquistate.
Gli storici antichi narrano che i primi abitanti dell'isola furono i Ciclopi, giganti leggendari, dall'aspetto mostruoso, il cui nome significa in greco che avevano un solo occhio in mezzo alla fronte. Il più famoso tra essi è certamente Polifemo, la cui leggenda è narrata da Omero. E, come tutte le leggende,anch'essa ha un fondo di verità; infatti, in Sicilia, i greci trovarono spesso dei crani enormi con un buco in fronte e pensavano che quel foro fosse l'orbita di quell'unico occhio in testa a dei giganti; la verità invece, è un'altra: la scienza ha dimostrato che anticamente la Sicilia era abitata da numerosi elefanti di piccola statura e la cavità in mezzo alla testa non è l'orbita dell'occhio, bensì il foro del setto nasale (la proboscide).
MANGIAR SICILIANO - Farfalle al pistacchio di Bronte
400 grammi di farfalle, 30 grammi di burro, 1 cipolla tritata, 2 spicchi d'aglio tritati, 50 grammi di pancetta a dadini, 1 cucchiaio di brodo di carne ristretto, 50 grammi di pistacchi tritati o di pasta di pistacchio, 100 ml di brandy, 200 ml di panna da cucina, sale e pepe.
Procedimento:
Lessate le farfalle. In una padella rosolate cipolla e aglio nel burro per 5 minuti, poi aggiungete la pancetta e il brodo e cuocete per altri 5 minuti. Unite i pistacchi o la pasta di pistacchio e il brandy e fiammeggiate. Aggiungete la panna e fate saltare le farfalle nel condimento, regolate di sale e pepe e servite!
PROVERBIO DEL GIORNO
A lu viddanu nun ci toccanu 'nguanti, ma 'a zappa in coddu e 'u sceccu davanti.
Al villano non toccano guanti, ma la zappa sulla spalla e l'asino davanti.
Al villano non toccano guanti, ma la zappa sulla spalla e l'asino davanti.
sabato 21 aprile 2007
LE CATACOMBE DI SAN GIOVANNI
Siracusa è la sola città siciliana a possedere delle catacombe veramente notevoli; per interesse artistico e storico, esse sono alla pari con quelle di Roma e Napoli.
Sono immense e non del tutto esplorate ma la parte visibile è sufficiente a darci una chiara idea del lavoro straordinario dovuto a quella forza ideale che sta nella fede e dà un valore nuovo alla vita, unendo le anime in una esistenza serena e invincibile.
Dopo l'editto di Costantino (313 d.C.) le catacombe furono di proprietà della Chiesa e continuarono la loro funzione di cimiteri cristiani, ma nel secolo 5° si pose fine alle escavazioni e i corpi dei martiri vennero trasportati nelle chiese e nelle basiliche, così verso la fine del 7° secolo vennero chiuse definitivamente ed abbandonate finchè non se ne perdettero le tracce.
I posti attuali d'ingresso sono stati denominati come segue: Catacombe di S.Giovanni perchè si trovano sotto la chiesa di San Giovanni; Catacombe di Vigna Cassia, dal nome del proprietario e catacombe di Santa Lucia perchè vi fu sepolta la Santa.
Visitando le catacombe, la nostra immaginazione ci porta subito a pensare alle persecuzioni e vediamo, anche senza volerlo, le sofferenze e i martiri che i Cristiani dovettero subire. In effetti le catacombe altro non erano che dei cimiteri riconosciuti dalle autorità affinchè i Cristiani seppellissero i loro morti fuori dalla città come i cimiteri pagani. La legislazione romana assicurava il diritto di proprietà e stabiliva l'inviolabilità dei sepolcri a qualunque società appartenessero.
GROTTA DEI CORDARI
Questa grotta si trova a circa 30 metri dall'Orecchio di Dionisio, il suo nome deriva fal fatto che vi lavoravano i cordai e fabbricavano la corda con modi primitivi.
La grotta è molto umida e la corda fabbricatavi s'impregna e asciuga nell'umidità stessa, così una volta bagnata, non si restringe. Questo è il principio fisico, ma quello che più conta è che la grotta ci da l'idea chiara di come dovevano essere scavate le latomie. Si vedono ancora i pilastri lasciati per sostenere la volta e le tracce del lavoro umano sono visibili sulle pareti, sul tetto e sulle colonne.
Fu il terremoto del 1693 a fare cadere gran parte del tetto, risparmiando solo quella sotto la quale lavoravano i cordari.
La grotta è molto umida e la corda fabbricatavi s'impregna e asciuga nell'umidità stessa, così una volta bagnata, non si restringe. Questo è il principio fisico, ma quello che più conta è che la grotta ci da l'idea chiara di come dovevano essere scavate le latomie. Si vedono ancora i pilastri lasciati per sostenere la volta e le tracce del lavoro umano sono visibili sulle pareti, sul tetto e sulle colonne.
Fu il terremoto del 1693 a fare cadere gran parte del tetto, risparmiando solo quella sotto la quale lavoravano i cordari.
ORECCHIO DI DIONISIO
L'orecchio di Dionisio è una grotta lunga 65 metri e alta 23, tutta scavata artificialmente nella roccia. Per il suo straordinario eco, ha fatto lavorare la fantasia di quanti l'hanno visitata. Basta un soffio o stracciare un pezzetto di carta per notare il suo grande effetto acustico.
Il nome di orecchio di Dionisio le fu dato da Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, il quale creò la leggenda che Dionisio tiranno di Siracusa, l'avesse fatta scavare apposta per rinchiudervi i prigionieri ed ascoltarne, senza essere visto, i discorsi.
La grotta ha veramente la forma di un orecchio ma è stato sicuramente il caso a volerlo.
Fra le versioni che cercano di spiegare la sua forma, ve n'è una veramente singolare, secondo la quale i Greci hanno voluto la forma, e per il fatto che la grotta circonda il teatro per 65 metri, rappresenterebbe la cassa armonica del teatro stesso (da notare che il mare del porto di Siracusa aiutava a portare in alto la voce degli attori, ah questi greci).
Comunque sia, l'Orecchio di Dionisio è meta di pellegrinaggio turistico ed è una curiosità molto ricercata a Siracusa.
Il nome di orecchio di Dionisio le fu dato da Michelangelo Merisi, detto Caravaggio, il quale creò la leggenda che Dionisio tiranno di Siracusa, l'avesse fatta scavare apposta per rinchiudervi i prigionieri ed ascoltarne, senza essere visto, i discorsi.
La grotta ha veramente la forma di un orecchio ma è stato sicuramente il caso a volerlo.
Fra le versioni che cercano di spiegare la sua forma, ve n'è una veramente singolare, secondo la quale i Greci hanno voluto la forma, e per il fatto che la grotta circonda il teatro per 65 metri, rappresenterebbe la cassa armonica del teatro stesso (da notare che il mare del porto di Siracusa aiutava a portare in alto la voce degli attori, ah questi greci).
Comunque sia, l'Orecchio di Dionisio è meta di pellegrinaggio turistico ed è una curiosità molto ricercata a Siracusa.
SIRACUSA - L'isola di Ortigia
Questo isolotto, difeso dal mare e fornito d'acqua potabile, fu scelto dagli indigeni, già in tempi remoti, come luogo di abitazione. Durante l'insediamento greco, rappresentò il centro amministrativo della civilizzazione ellenica, da cui provenivano gli ordini dei tiranni e di quanti diressero le sorti della città. Fu sede dei palazzi dei governanti e degli edifici destinati al culto. Peccato che molte di queste costruzioni siano andate perdute, ma si possono ancora ammirare edifici che testimoniano l'importanza del luogo.
Fra i monumenti dell'antichità sono: Il tempio d'Apollo e il tempio d'Atena: ma vi sono anche altri edifici di grande importanza storica che fanno di Ortigia meta di studiosi e appassionati d'arte: castello Maniace, palazzo Bellomo, palazzo Montalto, palazzo Lanza etc.
Bellezza, armonia, eleganza e nobiltà non ebbero in altro popolo espressione più perfetta.
PROVERBIO DEL GIORNO
Acqua, cunsigghi e sali; senza addumannàti nun ni dari.
Acqua, consigli e sale; a chi non li domanda non li dare.
Acqua, consigli e sale; a chi non li domanda non li dare.
venerdì 20 aprile 2007
GELO DI LIMONE
Ingredienti:
8 limoni, 300 grammi di zucchero, 80 grammi d'amido, 1 lt d'acqua.
Procedimento:
Grattuggiare la buccia dei limoni badando a prendere solo il velo superiore; mettere la buccia in un panno bianco e spremerla nell'acqua fino a quando si sarà sciolta tutta l'essenza della buccia, quindi procedere alla cottura come una normale crema. Quando è pronta, versarla in coppette umide e appena si raffredda metterla in frigo.
PINZERI di Armando Carruba
PINZERI
'U tempu
si zittìu dda' sira
'nto me' cori.
Tutta na vita,
passu dopu passu,
pp'accucchiari
muddichi d'amuri.
Nu pani granni
fattu 'n casa,
'mpastatu cca surura
'i me' patri,
chinu d'amuri 'i me' matri
e dde' me' soru ciauru 'i famigghia.
'U me cori si zittìu dda' sira
comu...
ppi me' frati, me' matri, me' patri.
E sugnu ancora cca'
comu tannu;
quannu tu 'a suruzza
mi dicisti:
Nun chianciri 'o frati,
'n omu nun chianci,
'u duluri è 'nto cori.
Ragiuni avevutu
'u duluri è 'nto cori,
e talìu 'u mari, 'u celu,
'i casi vecchi ddo molu S. Antoniu
spirannu...
chiddu ca nun c'è cchiù.
PENSIERI - Quella sera il tempo tacque nel mio cuore. Tutta una vita, passo dopo passo, per assiemare molliche d'amore. Un pane grande, fatto in casa, impastato con il sudore di mio padre, pieno d'amore materno e condito dalle mie sorelle con odore di famiglia.
Il mio cuore stette zitto quella sera come... per mio fratello, mia madre, mio padre.
E sono ancora qui come allora; quando tu sorella mi dicesti: Non piangere fratello, un uomo non piange, il dolore è nel cuore.
Avevi ragione, il dolore è nel cuore... e guardo il mare, il cielo, le vecchie case del molo San Antonio sperando... quello che non c'è più.
Armando Carruba
SPAGHETTI CCO' MUCCU (o cca 'NUNNATA)
Ingredienti per 4 persone:
300 grammi di muccu (per la zona di Siracusa o 'nunnata per altre; si tratta del neonato o novellame di pesce) 400 grammi di spaghetti, 4 pomodori semi-maturi, due spicchi d'aglio, 1/2 bicchiere di vino bianco, sale, pepe, olio d'oliva extravergine, un mazzetto di prezzemolo.
Procedimento:
Sbollentate i pomodori, quindi spellateli, togliete i semi e tritateli finemente. Mettete una padella con olio, fate soffriggere l'aglio senza farlo imbiondire e toglietelo prima di aggiungere il pomodoro tritato che terrete a fuoco vivo per 5 minuti circa. A questo punto potrete buttarvi la neonata o muccu che dir si voglia, ma state attenti a non mescolare. Per evitare che si riduca in poltiglia, fatela cuocere da sola. Dopo 5 minuti circa, innaffiate con il 1/2 bicchiere di vino, lasciate evaporare e togliete dal fuoco. Nel frattempo avrete cotto gli spaghetti al dente e con un mestolo della loro acqua di cottura, allungate la salsa di neonato e aggiungete sale e pepe. Scolate bene gli spaghetti e rimetteteli immediatamente in pentola aggiungendo un cucchiaio di olio crudo. Condite con la salsa di neonato, mescolate delicatamente e spruzzate con abbondante prezzemolo tritato.
BUONA VISTA ! perchè a questo punto l'appetito non manca!
300 grammi di muccu (per la zona di Siracusa o 'nunnata per altre; si tratta del neonato o novellame di pesce) 400 grammi di spaghetti, 4 pomodori semi-maturi, due spicchi d'aglio, 1/2 bicchiere di vino bianco, sale, pepe, olio d'oliva extravergine, un mazzetto di prezzemolo.
Procedimento:
Sbollentate i pomodori, quindi spellateli, togliete i semi e tritateli finemente. Mettete una padella con olio, fate soffriggere l'aglio senza farlo imbiondire e toglietelo prima di aggiungere il pomodoro tritato che terrete a fuoco vivo per 5 minuti circa. A questo punto potrete buttarvi la neonata o muccu che dir si voglia, ma state attenti a non mescolare. Per evitare che si riduca in poltiglia, fatela cuocere da sola. Dopo 5 minuti circa, innaffiate con il 1/2 bicchiere di vino, lasciate evaporare e togliete dal fuoco. Nel frattempo avrete cotto gli spaghetti al dente e con un mestolo della loro acqua di cottura, allungate la salsa di neonato e aggiungete sale e pepe. Scolate bene gli spaghetti e rimetteteli immediatamente in pentola aggiungendo un cucchiaio di olio crudo. Condite con la salsa di neonato, mescolate delicatamente e spruzzate con abbondante prezzemolo tritato.
BUONA VISTA ! perchè a questo punto l'appetito non manca!
giovedì 19 aprile 2007
LA RACCOLTA DEI LIMONI
La pianta del limone è stata portata dagli arabi in Sicilia intorno al X secolo. L'Italia, sarebbe più corretto dire la Sicilia, si trova al primo posto della produzione mondiale con 7.75 milioni di quintali; al secondo posto l'America con 7,65 e terza l'India con 4,50 mentri gli altri paesi hanno così poca importanza da non essere presi in considerazione.
Il limone in un certo senso è il simbolo della nostra Sicilia, Luigi Pirandello nell'atto unico Lumie di Sicilia li mette in primo piano nelle mani del protagonista Micuccio Bonavino, che ha perfino pagato il dazio per portarli a Roma e regalarli all'ex allieva di canto.
E quando s'accorge che l'allieva ha perso quei valori siciliani dimenticandosi delle proprie origini, non esita a darli alla zia Marta e uscire di sce e dalla vita dell'allieva che a Roma ha avuto successo.
La raccolta dei limoni, come quella delle arance, è faticosa, ma quando si lavora in allegria tutto passa, non si dice forse gente allegra Dio l'aiuta?
Il limone in un certo senso è il simbolo della nostra Sicilia, Luigi Pirandello nell'atto unico Lumie di Sicilia li mette in primo piano nelle mani del protagonista Micuccio Bonavino, che ha perfino pagato il dazio per portarli a Roma e regalarli all'ex allieva di canto.
E quando s'accorge che l'allieva ha perso quei valori siciliani dimenticandosi delle proprie origini, non esita a darli alla zia Marta e uscire di sce e dalla vita dell'allieva che a Roma ha avuto successo.
La raccolta dei limoni, come quella delle arance, è faticosa, ma quando si lavora in allegria tutto passa, non si dice forse gente allegra Dio l'aiuta?
L'EMIGRATO - straniero dovunque - note degli anni '80 di Armando Carruba
Partito negli anni '50 con la valigia di cartone legata con lo spago, consacrata dall'oleografia, l'emigrante siciliano ritorna ogni anno per le ferie d'agosto al paese natìo.
La valigia di cartone l'ha da tempo messa in soffitta ricordo d'un passato di povertà e sofferenza, simbolo di una svolta di una vita. Non viaggia più tanto in treno, quanto, specie per le vacanze estive, in auto. E sull'auto, che non è mai meno che Mercedes, o BMW, carica la famiglia numerosa, con le bionde fidanzate dei figli.
Il cofano è stipato di bagagli. Una coperta o un grande foglio di plastica ne copre una montagna edificata accuratamente sul portabagagli esterno.
Si riconosce subito ai caselli delle autostrade, sui traghetti; tanto siciliano nell'aspetto e nei modi, quanto inequivocabilmente, della Repubblica federale, della Svizzera, del Belgio, della Francia.
Al paese porta regali per tutti i componenti della parentela ma non sono regali scelti a caso. Requisito principale è il "made in DFR" e si tratta di novità per l'Italia, alla portata di tutti nei magazzini di Amburgo, Monaco e Dusseldorf.
La prodigalità viene ostentata come segno d'agiatezza per suscitare l'ammirazione e l'invidia dei parenti e degli amici rimasti al paese.
Ma ancor simbolo del benessere economico raggiunto è la casa che nel corso degli anni con i risparmi, tra un ritorno e l'altro, ha fatto tirar su, per la villeggiatura e per il tanto sperato definitivo rientro.
Sotto il cielo grigio del Nord Europa, nel chiuso delle officine e delle fabbriche, sogna per anni, superati i primi tempi difficili, una casa nel sole e fra gli ulivi della lontana Sicilia.
Ora però, si trova, volendo prendere una decisione per l'avvenire, combattuto, costretto a scegliere fra i figli e il paese. E da autentico siciliano, più all'antica dei residenti in Sicilia, avendo nell'isolamento in terra straniera gelosamente custodito tradizioni e mentalità del luogo d'origine, non sa, fra la terra e il proprio sangue, entrambi importanti, per che cosa optare.
A pochi anni del pensionamento o già pensionato, si rende conto d'aver raggiunto il benessere economico ma che questo non è tutto. I figli cresciuti all'estero parlando poco e male l'italiano. Hanno invece appreso dai genitori il dialetto. E il dialetto in cui s'esprimono, gli uni e gli altri, è quello di quarant'anni fa infarcito d'espressioni ormai cadute in disuso, non aggiornato con l'evolversi della società siciliana.
La generazioni dei paninari, birra, hamburger e hot-dog, non si sente nè siciliana nè tedesca. Della terra dei padri subisce il fascino mitico, ammira le bellezze naturali, un pò meno, a causa della scarsa cultura, quelle artistiche. E tuttavia non riesce ad adattarsi all'idea di trasferirsi qui.
Più forte è il disagio degli anziani nella terra d'origine che li accoglie come semistranieri e diversi, dove la vita sociale non è più quella di quando sono partiti.
Mancata piena integrazione dunque, da un lato, nella società straniera che li ha accolti come lavoratori nelle fabbriche e nei cantieri e in cui si sono autoisolati fra conterranei con l'idea fissa del ritorno al paese; dall'altro lato, parziale estraneità nel luogo d'origine.
A considerare inoltre come la povertà in Sicilia non esista più, che la disoccupazione non è un male solo italiano, che tra sussidi, contributi, pensioni sociali, economia sommersa, tutti qui si vivacchia, si accresce nell'emigrato il sentimento della frustrazione e della malinconia. Perchè tanti anni di disagi? E se si fosse rimasti qui? E se arriva carico d'entusiasmo e d'allegria, riparte triste non della sola tristezza del distacco.
In un luogo o nell'altro si sente emarginato.
Oggi, raggiunto il benessere, il siciliano emigrato scopre l'esigenza d'integrazione ma, sia nella nuova patria che nel luogo natale, è difficile. Ci riusciranno forse i figli, gli oriundi, grazie ai matrimoni misti, alla mentalità aperta delle giovani generazioni, a sentirsi pienamente inseriti nella società teutonica assieme a greci, turchi e altri emigrati meridionali in un clima di plurietnìa e d'intreccio di cultura che ormai, bene o male, fa tanto Europa.
Cosa resta agli anziani, investiti tutti i risparmi nella costruzione della casa, data la difficoltà burocratica di accedere alle provvidenze regionali, se non fare i pendolari? E infatti, vacanze estive a parte, numerosi sono gli emigrati che, nella ricorrenza dei Defunti, a Pasqua, a Natale, per i matrimoni e battesimi di familiari, scendono in Sicilia.
E nel ripartire, ogni volta la valigia (adesso di cuoio) è zeppa di barattoli di conserve, pane di casa, arance e fichi d'india, estratto di pomodoro e caciocavallo, olio puro d'oliva e vino buono.
Una mangiata come si deve puà scacciare la malinconia.
POESIA - Da adesso di Michele Colonna
Chi vuole frumento e ulive
arance mandorle e fave
pomodori carciofi e pere
io l'avverto non venga
a cercare di farmi cogliere.
Moglie e figli non ne ho
e neanche ne voglio.
Da adesso fino alla morte
me ne voglio stare seduto
al fresco davanti alla porta-
Ahi, stavo pazzo passando il meglio degli anni
sempre buttando sangue in mezzo alle campagne.
Michele Colonna
arance mandorle e fave
pomodori carciofi e pere
io l'avverto non venga
a cercare di farmi cogliere.
Moglie e figli non ne ho
e neanche ne voglio.
Da adesso fino alla morte
me ne voglio stare seduto
al fresco davanti alla porta-
Ahi, stavo pazzo passando il meglio degli anni
sempre buttando sangue in mezzo alle campagne.
Michele Colonna
PROVERBIO DEL GIORNO
Fimmina laria, sidd'è ben vistuta,
vinci 'a megghiu fimmina spugghiata.
Donna, pure s'è brutta, ben vestita,
supera la più bella svestita
vinci 'a megghiu fimmina spugghiata.
Donna, pure s'è brutta, ben vestita,
supera la più bella svestita
L'EPOCA DEI TIRANNI
I coloni greci conservarono la loro lingua, le divinità, le usanze sepolcrali e la stessa conformazione urbanistica delle città d'origine: sull'agorà, piazza principale, si affacciavano gli edifici governativi e i templi religiosi, circondati dai colonnati tipici delle città greche.
Si verificarono però nei siculi dei malcontenti e le colonie di Messina e Selinunte chiesero aiuto a Cartagine.
Inutilmente il generale cartaginese Amilcare, venne sconfitto nel 480 a.C. ad Imera da Gerone e con questa battaglia la velleità di Cartagine di conquistare l'isola venne vanificata.
mercoledì 18 aprile 2007
SICILIA - raccolta di poesie di Michele Colonna - ed. 1974
Michele Colonna, come si legge nella presentazione di questa raccolta di poesie SICILIA Cartia editore febbraio 1974, è nato a Noto (SR) nel 1934 dove ha vissuto sini al 1952 e dopo gli studi classici si è trasferito a Como.
Le voci profende dei piccoli paesi di Sicilia, i gesti rituali della consuetudine familiare, i legami del sangue che tengono avvinti nell'accorata difesa d'un mondo minacciato dalle tentazioni della città o dai miraggi provenienti dal Nord civilizzato e distratto, sono i temi che si alternano in varietà di sfumature e di tonalità nella poesia del Colonna.
IL CAVALIERE
E' morto nell'orto
mentre coglieva un cavolo.
Lo hanno trovato dopo tre giorni
col cavolo stretto al petto.
Cavaliere ai tempi del re
camminava solo a cavallo.
Era suo il terreno che va
fino a dove arrivano gli occhi
sue le case di tutto il paese
e cinque palazzi a Siracusa.
Noi ragazzi morivamo di fame.
Uno specialista coi fiocchi
a fare sparare la frusta.
Cuore duro diceva di no
sistematicamente.
Ah se potessimo farlo tornare al mondo
ora che certamente
gli occhi li ha aperti
e le cose le vede a fondo.
Michele Colonna
Le voci profende dei piccoli paesi di Sicilia, i gesti rituali della consuetudine familiare, i legami del sangue che tengono avvinti nell'accorata difesa d'un mondo minacciato dalle tentazioni della città o dai miraggi provenienti dal Nord civilizzato e distratto, sono i temi che si alternano in varietà di sfumature e di tonalità nella poesia del Colonna.
IL CAVALIERE
E' morto nell'orto
mentre coglieva un cavolo.
Lo hanno trovato dopo tre giorni
col cavolo stretto al petto.
Cavaliere ai tempi del re
camminava solo a cavallo.
Era suo il terreno che va
fino a dove arrivano gli occhi
sue le case di tutto il paese
e cinque palazzi a Siracusa.
Noi ragazzi morivamo di fame.
Uno specialista coi fiocchi
a fare sparare la frusta.
Cuore duro diceva di no
sistematicamente.
Ah se potessimo farlo tornare al mondo
ora che certamente
gli occhi li ha aperti
e le cose le vede a fondo.
Michele Colonna
La colonizzazione greca
Quando i greci scoprirono l'importanza strategica dell'isola ai fini della penetrazione commerciale nel Mediterraneo e per la ricerca dei metalli in Italia, decisero di colonizzarla, (735 a.C.). Ogni colonia ebbe una città greca come madre-patria, il supporto logistico necessario allo sviluppo e un capo spedizione. Perfino un vero e proprio programma d'insediamento.
Secondo Tucidite, la prima colonia greca venne fondata a Nasso dai calcidesi. In seguito e nel giro di pochissimi ani, i megaresi fondarono Megara Iblea, i corinzi Siracusa (734 a.C.) i cretesi Gela e poi Catania. A sua volta Gela fondò Agrigento (582 a.C.) mentre Megara Iblea gettò le basi di Selinunte.
La massiccia presenza di greci, ioni e dori nel tessuto siciliano lascerà un'impronta culturale indelebile, ancora oggi ben visibile nelle opere architettoniche, nella cultura classica, negli usi e costumi.
Già dal 500 a.C. si può parlare di completa ellenizzazione dell'aria orientale della Sicilia. Il punto di massimo sviluppo ellenico lo si ebbe con la fondazione di Imera Selinunte (580 a.C.) da parte di Megara Iblea. Questo fu il preriodo più fiorente per la Sicilia, che divenne sinonimo di benessere e potenza, tanto che Siracusa, la regina delle città come la chiamò Pindaro, superò la stessa Atene in ricchezza.