martedì 24 dicembre 2013
AMICO E'. . .
Amico deriva da una parola che significava "libero". Un amico è una persona che ci concede spazio e libertà d'essere.
sabato 21 dicembre 2013
Poesia
Mentre mi perdo
nell'immensità del cielo.......
volo con la mente...
penso e sorrido,
sorrido alla felicità
che Tu mi stai donando...
sei la linfa vitale
che mi consente la vita,
sei il mio sole, il mio mondo...
venerdì 20 dicembre 2013
FICODINDIA
A FICURINIA
Mi scantu a pigghialla
mi scantu a tuccalla,
cci tagghiu la testa
cci tagghiu la cura
e vidu dda' dintra
na bedda signura.
mi scantu a tuccalla,
cci tagghiu la testa
cci tagghiu la cura
e vidu dda' dintra
na bedda signura.
IL FICODINDIA
Temo di toccarla
temo di pigliarla
le taglio la testa
le taglio la coda
e vedo là dentro
una bella signora
temo di pigliarla
le taglio la testa
le taglio la coda
e vedo là dentro
una bella signora
martedì 10 dicembre 2013
COSI 'I SANTA LUCIA
COSI ‘I SANTA LUCIA
Credenze di Fede
Al culto di Santa
Lucia sono legati usi e tradizioni popolari tramandati da padre in figlio. I pittori del passato rappresentavano S.
Lucia con gli occhi nelle mani o contenuti in un vassoio, questa consuetudine
può essere generata dalla somiglianza del nome di Lucia con quello della
divinità greca Lucina, che secondo l’antica mitologia guariva e preservava
dalle malattie degli occhi.
Per Santa Lucia, si
rinnova la credenza, secondo la quale quando la processione sta per giungere
nei pressi delle case popolari, alla Borgata Santa Lucia, il volto del
simulacro argenteo, portato a spalla, impallidisce, assumendo anche
un’espressione triste.
E ciò avviene perché la Santa sta per passare nei
pressi della colonna che per tradizione indica il luogo del suo martirio. Il 13 dicembre non si mangia né pane né pasta
per penitenza, ma si mangiano verdure varie, a Palermo legumi e panelle - una sorta di “schiacciata” fatta di farina
di ceci, alla quale vengono date varie forme. Ma il vero e proprio cibo
sostitutivo al pane e alla pasta è la cuccìa, tale piatto tradizionale è
costituito da grano ammollato e cotto con l’aggiunta di vari legumi o
semplicemente bollito nel latte.
Un’altra tradizione,
poco nota oggi, è quella secondo cui nello stesso sito in cui Santa Lucia subì
il martirio, si vuole sia scaturita una polla d’acqua, nel tempo ritenuta
miracolosa.
Una memoria scritta
della fonte miracolosa di S. Lucia è documentata dal conte Cesare Gaetani della
Torre che dice testualmente: “Nel 1736 il reverendo sacerdote D. Giuseppe
Moncada, fu invaso da un fiero dolore al fianco, lo risolse andando a bere
quell’acqua”.
Che fine abbia fatto
quella miracolosa fonte non ci è dato da sapere; nessuno ne parla e s’è persa
persino la memoria.
lunedì 9 dicembre 2013
COSI 'I SANTA LUCIA
COSI 'I SANTA LUCIA
FERMATA 'A CASA CCU' 'N OCCHIU
Nel 1989 per la processione dell'ottava, fu escluso il percorso di via Vittorio Veneto, la mastrarua spagnola, e gli ospiti del carcere - casa ccu' 'n occhiu - protestarono in maniera civile.
Lo fecero mandando raccomandate all'emittente radiofonica locale Superradio diretta dal mai dimenticato amico Armando Greco, chiedendo naturalmente il ripristino del vecchio percorso che prevedeva la fermata al carcere con tutti all'interno in mano un fiammifero, una candela etc. per Lei Lucia la Santa della Luce. Poi un detenuto, generalmente il più giovane, avrebbe offerto a Lucia dei fiori.
Armando, forte delle numerose lettere e richieste di tante persone, riuscì a far riportare il percorso alla mastrarua e quella fu l'ultima volta che Lucia incontrò i detenuti dda' casa ccu' 'n occhiu, in quanto nel 1990 ci fu il terremoto e il carcere fu svuotato con gli ospiti trasferiti in un'altra struttura sicuramente migliore e da allora alla mastrarua non passa più Santa Lucia.
FERMATA 'A CASA CCU' 'N OCCHIU
Nel 1989 per la processione dell'ottava, fu escluso il percorso di via Vittorio Veneto, la mastrarua spagnola, e gli ospiti del carcere - casa ccu' 'n occhiu - protestarono in maniera civile.
Lo fecero mandando raccomandate all'emittente radiofonica locale Superradio diretta dal mai dimenticato amico Armando Greco, chiedendo naturalmente il ripristino del vecchio percorso che prevedeva la fermata al carcere con tutti all'interno in mano un fiammifero, una candela etc. per Lei Lucia la Santa della Luce. Poi un detenuto, generalmente il più giovane, avrebbe offerto a Lucia dei fiori.
Armando, forte delle numerose lettere e richieste di tante persone, riuscì a far riportare il percorso alla mastrarua e quella fu l'ultima volta che Lucia incontrò i detenuti dda' casa ccu' 'n occhiu, in quanto nel 1990 ci fu il terremoto e il carcere fu svuotato con gli ospiti trasferiti in un'altra struttura sicuramente migliore e da allora alla mastrarua non passa più Santa Lucia.
domenica 8 dicembre 2013
Cartolina bianco e nero Siracusa
Cartolina anni 60/70 SIRACUSA Panorama (la marina e la Stazione Marittima con i treni sia in stazione che al porto)
sabato 7 dicembre 2013
venerdì 6 dicembre 2013
SARAUSANA JE' EBBIVA SANTA LUCIA
COSI 'I SANTA LUCIA
NINO DI MARIA
Dice: "e... ccu jè?" comu ccu jè??? Puddu! P U D D U ! l'omu dda' tirata dda' tombola ppi Santa Lucia!
Anni sessanta quannu Puddu s'assittava a latu 'u cartilluni e sparava i nummiri: qua-ra-quattru - ricotta caura - e così via. Alcuni giuravano che la sua voce sisentisse sino allo sbarcadero S. Lucia, altri addirittura sino alle Poste!
Finita la festa vinneva sirratura nei vicoli d'Ortigia, quella segatura residuo delle tante segherie siracusane, dove le serre a nastro cantavano mattina e sera ai cascioli impustati muru muru.
NINO DI MARIA
Dice: "e... ccu jè?" comu ccu jè??? Puddu! P U D D U ! l'omu dda' tirata dda' tombola ppi Santa Lucia!
Anni sessanta quannu Puddu s'assittava a latu 'u cartilluni e sparava i nummiri: qua-ra-quattru - ricotta caura - e così via. Alcuni giuravano che la sua voce sisentisse sino allo sbarcadero S. Lucia, altri addirittura sino alle Poste!
Finita la festa vinneva sirratura nei vicoli d'Ortigia, quella segatura residuo delle tante segherie siracusane, dove le serre a nastro cantavano mattina e sera ai cascioli impustati muru muru.
SARAUSANA JE' EBBIVA SANTA LUCIA!
COSI 'I SANTA LUCIA
I GIOSTRI
Già ai primi d'ottobre, a piazza Santa Lucia, dalla parte delle case popolari cco' 'rrologgiu, negli anni sessanta montavano le giostre del comm. Gioia, l'autoscontro, i vari casotti con i fucili - quanti cinzanini colpiti! - le gabbie volanti a forza di braccia, gli aeroplanini con battaglia finale e chi rimaneva usufruiva di un altro giro, le cabine con gruetta che azionata poteva prendere un pacchetto di sigarette (mai se non quello da dieci) una penna o granturco puro etc.
Queste giostre portavano allegria alla piazza, la domenica era festa, le giostre strapiene... tutto filava liscio. Finita la festa di Santa Lucia rimanevano in piazza sino a gennaio e arrivederci in estate o a ottobre. Un bel giorno, qualcuno scoprì ca piazza Santa Lucia di sutta è vacanti e quindi pericoloso piazzare una giostra ed è dagli anni settanta che di giostre a piazza Santa Lucia non se ne sono viste più.
I GIOSTRI
Già ai primi d'ottobre, a piazza Santa Lucia, dalla parte delle case popolari cco' 'rrologgiu, negli anni sessanta montavano le giostre del comm. Gioia, l'autoscontro, i vari casotti con i fucili - quanti cinzanini colpiti! - le gabbie volanti a forza di braccia, gli aeroplanini con battaglia finale e chi rimaneva usufruiva di un altro giro, le cabine con gruetta che azionata poteva prendere un pacchetto di sigarette (mai se non quello da dieci) una penna o granturco puro etc.
Queste giostre portavano allegria alla piazza, la domenica era festa, le giostre strapiene... tutto filava liscio. Finita la festa di Santa Lucia rimanevano in piazza sino a gennaio e arrivederci in estate o a ottobre. Un bel giorno, qualcuno scoprì ca piazza Santa Lucia di sutta è vacanti e quindi pericoloso piazzare una giostra ed è dagli anni settanta che di giostre a piazza Santa Lucia non se ne sono viste più.
SARAUSANA JE' EBBIVA SANTA LUCIA
COSI 'I SANTA LUCIA
IL SARTO
Questi giorni, fino agli anni sessanta, venivano vissuti con un certo nervosismo da una parte di siracusani che avendo commissionato un vestito al sarto ad ottobre ancora non lo vedevano finito.
Difatti era abitudine ppi Santa Lucia, 'ncignare 'u vistitu novu, confezionato dalle migliori sartorie aretusee, anche perchè - stranamente - quelli acquistati nei pochi negozi che li vendevano, costavano di più.
Erano tempi in cui ancora c'era "'u vistitu dda' duminica" che era l'abito più bello che si possedeva e veniva usato la domenica e per le feste comandate.
Oggi semu sempri vistuti di duminica e nuddu cchiù si fa pigghiari i misuri ppi 'n vistitu novu e mancu ppi 'n paru di scarpi di chiddi cco' surci del tipo uscite dalla bottega del calzolaio, nel camminare facevano ziu ziu....
Ebbiva Santa Lucia!
IL SARTO
Questi giorni, fino agli anni sessanta, venivano vissuti con un certo nervosismo da una parte di siracusani che avendo commissionato un vestito al sarto ad ottobre ancora non lo vedevano finito.
Difatti era abitudine ppi Santa Lucia, 'ncignare 'u vistitu novu, confezionato dalle migliori sartorie aretusee, anche perchè - stranamente - quelli acquistati nei pochi negozi che li vendevano, costavano di più.
Erano tempi in cui ancora c'era "'u vistitu dda' duminica" che era l'abito più bello che si possedeva e veniva usato la domenica e per le feste comandate.
Oggi semu sempri vistuti di duminica e nuddu cchiù si fa pigghiari i misuri ppi 'n vistitu novu e mancu ppi 'n paru di scarpi di chiddi cco' surci del tipo uscite dalla bottega del calzolaio, nel camminare facevano ziu ziu....
Ebbiva Santa Lucia!
martedì 8 ottobre 2013
CUCINA SICILIANA
A R A N C I N I
Ingredienti:
* 1 cipolla
* 1 l di brodo
* 2 foglie di salvia
* 2 uova
* 300 gr di carne di vitello tritata
* 50 gr di parmigiano grattugiato
* 500 gr di riso
* burro, farina, pangrattato
* olio per frittura, sale
In una casseruola fate appassire il burro con la cipolla tritata e le foglie di salvia. Aggiungete la carne, salate e lasciate cuocere a fuoco lento per 15 minuti. In un tegame lessate in un litro di brodo bollente il riso fino ad assorbimento. Versate il riso in una terrina e aggiungete il parmigiano, le uova e lasciatelo intiepidire. Prendete un cucchiaio di composto di riso e, aiutandovi con le mani, fate una conca al centro, mettete un pò di sugo e chiudete con altro riso. Passate gli arancini nella farina, nell'uovo sbattuto, nel pangrattato e friggeteli in abbondante olio fumante. Scolateli su della carta assorbente e serviteli caldi.
GIOCHI DI UNA VOLTA
'A TIMPULATA
(lo schiaffo del soldato)
Un solo giocatore, estratto a sorte, si posizionava di spalle con gli occhi che non avevano nessuna possibilità di vedere e il palmo di una mano rivolta verso gli altri partecipanti. Uno di questi colpiva la sua mano con uno schiaffetto (se era educato) e a quel punto il giocatore doveva girarsi e indovinare di chi si trattasse. Se avesse indovinato, il giocatore "colto sul fatto" avrebbe preso il suo posto; in caso contrario avrebbe dovuto riprovare finchè non avesse indovinato.
Spesso capitava che ci si mettesse d'accordo e si usasse questo gioco per prendere in giro un amico, continuando a sostenere che sbagliasse anche quando indovinava.
lunedì 12 agosto 2013
PISCI D'OVA - OMELETTE -
SICILIA A TAVOLA
PISCI D'OVA (OMELETTE)
Ingredienti per 4 persone:
* 6 uova
* 2 cucchiai di pecorino grattuggiato
* 1 ciuffo di prezzemolo
* 100 gr di mollica di pane raffermo grattugiato
* olio extra vergine d'oliva
* sale
* pepe
Sgusciate le uova in una terrina e battetela con una forchetta; poi aggiungete la mollica di pane, il formaggio grattugiato e il prezzemolo tritato. Condite con sale e pepe e amalgamatelo con cura. Versate il composto in una padella con 2 cucchiai di olio caldo e lasciate rapprendere leggermente, quindi cominciate a rivoltare la frittata su se stessa formando un rotolo e spegnete la fiamma quando l'omelette sarà dorata in modo uniforme.
VARIANTE
Quando 'u "pisci d'ova" sarà dorato, sgocciolatelo e tagliatelo in quattro pezzi, immergetelo in 5 dl di salsa di pomodoro bollente profumata con foglie di basilico e fate insaporire per 15 minuti a fiamma moderata. Si possono aggiungere delle patate a dadini e fritte in padella con olio.
PISCI D'OVA (OMELETTE)
Ingredienti per 4 persone:
* 6 uova
* 2 cucchiai di pecorino grattuggiato
* 1 ciuffo di prezzemolo
* 100 gr di mollica di pane raffermo grattugiato
* olio extra vergine d'oliva
* sale
* pepe
Sgusciate le uova in una terrina e battetela con una forchetta; poi aggiungete la mollica di pane, il formaggio grattugiato e il prezzemolo tritato. Condite con sale e pepe e amalgamatelo con cura. Versate il composto in una padella con 2 cucchiai di olio caldo e lasciate rapprendere leggermente, quindi cominciate a rivoltare la frittata su se stessa formando un rotolo e spegnete la fiamma quando l'omelette sarà dorata in modo uniforme.
VARIANTE
Quando 'u "pisci d'ova" sarà dorato, sgocciolatelo e tagliatelo in quattro pezzi, immergetelo in 5 dl di salsa di pomodoro bollente profumata con foglie di basilico e fate insaporire per 15 minuti a fiamma moderata. Si possono aggiungere delle patate a dadini e fritte in padella con olio.
domenica 11 agosto 2013
SICILIA IN TAVOLA
LUMACHE CON L'AGLIO
Ingredienti per 4 persone:
* 1 kg di lumache già spurgate
* 1 mazzetto di basilico o prezzemolo
* 4 spicchi d'aglio
* olio extra vergine d'oliva
* sale
* pepe
Lavate con cura le lumache in abbondante acqua corrente: poi lessatele per 15 minuti schiumando con un mestolo forato. A fine cottura sciacquatele, rimettetele in tegame con acqua pulita, leggermente salata e cuocetele per altri 15 minuti.
A questo punto sfocciolatele e trasferitele in una casseruola.
Condite con olio, aglio e basilico o prezzemolo tritato e tenete per un paio di minuti su fiamma moderata.
giovedì 1 agosto 2013
CANZONE SICILIANA
E VUI DURMITI ANCORA
Versi:
Formisano musica: Calì
Lu
suli è già spuntato di lu mari
e
vui bidduzza mia durmiti ancora
l’aceddi
sunu stanchi di cantari
e
affriddateddi aspettunu cca fora,
sutta
lu barcuneddu su’ ammucchiati
aspettunu
quann’è ca v’affacciati.
Lassati stari, nun
dormiti chiui
ca
ammenzu d’iddi dintra ‘sta vanedda
ci
sugnu puru ju c’aspettu a vui,
pi
vidimi ‘sta facci accussì bedda
passu
cca fora tutti li nuttati
e aspettu
puru quannu v’affacciati
Li
ciuri senza vui nun ponu stari
su’
tutti ccu la testa a pinnuluni;
ognunu
d’iddi nun voli sbucciari
si
prima nun si rapi stu balcuni:
Dintra
lu buttuneddu su’ ammucchiati
domenica 28 luglio 2013
CUCINA SICILIANA
TONNO ALL'AGLIATA
Ingredienti - per 4 persone -
* 1 kg di tonno a fette
* 3 spicchi d'aglio
* un mazzetto di menta
* mezzo bicchiere d'aceto
* olio
* sale e pepe
Soffriggere le fettine di tonno nell'olio fino alla doratura, estraetele dalla padella e fate imbiondire nello stesso olio l'aglio a pezzettini e sfumate con l'aceto.
Versate questo condimento sul pesce che sistemerete in un piatto da portata, salate, pepate e guarnite con foglioline di menta.
Servite freddo.
giovedì 27 giugno 2013
AMURI MIU
Il vero AMORE - si dice - lo si incontra ma non si sposa - e quando lo incontri, in un posto particolare, ti resta per sempre nel cuore e nella mente, potessero passare tanti e tanti anni, pensi quel posto e pensi lei, pensi lei e la collochi in quel posto.
C'è posto più bello del Castello di ACI ? sicuramente sì... certo! io lo ricordo come l'incontro con il mio amore in assoluto, un amore profondo e limpido come il mare, il castello che abbraccia sogni. lei con le dita delle mani intrecciate alle tue il suo sorriso il volersi dare un bacio..... e il mare il nostro muto testimone di un AMORE che non potrà mai morire.
Grazie d'esistere
lunedì 10 giugno 2013
POESIA POPOLARE
(popolare)
OMU
Ti resi 'n muluneddu in cunfirenza
dimmi si l'accittasti a malacrianza
suddu fu russu, amuri s'accumenza
ma se fu jancu, ci persi la spiranza
FIMMINA
Mi dasti un muluneddu ccu crianza,
ju lu vosi accittari in cunfirenza,
jancu nun fu, ti crisci 'a spiranza;
ma russu fu: l'amuri s'accumenza
domenica 9 giugno 2013
SICILIA IN TAVOLA
CUCUZZI LONGHI 'A PALERMITANA
Tagghiati i cucuzzi a quadriceddi, e facitili cociri 'nta sartania ccu ogghiu cauru, e ansapuritili ccu sali, sbiezzi e 'n pizzicuni di nuci muscata. Facitili cociri a focu cuntentu, e poi a focu lentu mintitici, arifinu e agghiu capuliatu. Facitili cociri ansemi e poi sirviti.
'U vinu a piaciri vostru
U SANTU TRAVAGGHIU
Tanti travagghi dda' campagna e puru dda' marina si facevunu in nomu di Diu e dì Santi.
Ppi San Antoniu, patruni di porci e armali, si binidicevanu i vacchi, maiali, scecchi e pècuri, jaddini e cunigghia; e a marina i varchi e i rizzi.
A Mistretta ppà festa dda' Madonna 'u Carminu (16 lugliu) si purtavunu in chiesa cannistri di prima racina; a tanti àutri bannidda' Sicilia si purtavunu 'o Santu prutitturi, pezzi i furmaggiu, crasti, viteddi e palummi; a chiesa ogghiu ppa' lampa e vinu ppa' missa; a Cesarò, sacchi di 'ranu ppi San Calòriu, ciciri e favi a Licata, cannistri di pisci ppi Sant'Ancilu.
venerdì 7 giugno 2013
SICILIA IN TAVOLA
CALAMARI RIPIENI
Ingredienti per 4 persone:
* 100 g di passata di pomodoro
* 4 fette di pancarrè
* 8 calamari
* mezzo bicchiere di latte
* mezzo bicchiere di vino bianco
* olio extravergine d'oliva
* pepe
* prezzemolo tritato
* sale
Preparazione:
Pulite i calamari, svuotateli, togliete i tentacoli e tritateli: Mescolate le fette di pancarrè sbriciolate e imbevute di latte con i tentacoli tritati, il prezzemolo, il sale e pepe. Riempite i calamari con l'impasto così ottenuto, richiudeteli, metteteli in un tegame con olio, vino e passata di pomodoro e lasciateli cuocere per venti minuti circa.
giovedì 23 maggio 2013
SICILIA IN TAVOLA
ALICI GRATINATE
Ingredienti per 4 persone:
* 1 mazzetto di prezzemolo
* 100 g di capperi
* 2 spicchi d'aglio
* 400 g di acciughe fresche
* olio extravergine d'oliva
* parmigiano grattugiato
* pangrattato, pepe, sale.
Lavate i capperi, asciugateli e metteteli in un mixer insieme al prezzemolo, il pangrattato, l'aglio, il parmigiano, l'olio e un pizzico di sale e pepe. Frullate bene il tutto fino ad ottenere un composto omogeneo e versatelo su un largo piatto da portata. Lavate le acciughe, asciugatele, apritele a metà lasciandole unite sul dorso e privatele della testa e della lisca. Immergetele nel composto ottenuto e arrotolatele. Oleate una pirofila, ponetevi le acciughe, mettetele in forno preriscaldato a 180 gradi e lasciatele cuocere per dieci minuti circa.
Ingredienti per 4 persone:
* 1 mazzetto di prezzemolo
* 100 g di capperi
* 2 spicchi d'aglio
* 400 g di acciughe fresche
* olio extravergine d'oliva
* parmigiano grattugiato
* pangrattato, pepe, sale.
Lavate i capperi, asciugateli e metteteli in un mixer insieme al prezzemolo, il pangrattato, l'aglio, il parmigiano, l'olio e un pizzico di sale e pepe. Frullate bene il tutto fino ad ottenere un composto omogeneo e versatelo su un largo piatto da portata. Lavate le acciughe, asciugatele, apritele a metà lasciandole unite sul dorso e privatele della testa e della lisca. Immergetele nel composto ottenuto e arrotolatele. Oleate una pirofila, ponetevi le acciughe, mettetele in forno preriscaldato a 180 gradi e lasciatele cuocere per dieci minuti circa.
domenica 19 maggio 2013
POESIA POPOLARE SICILIANA
'N jornu ca Diu Patri era cuntenti
e passiava 'n celu cu li Santi,
a lu munnu pinsau fari un prisenti
e da curuna si scippau 'n domanti;
cci addutau tutti li setti elementi,
lu pusau a mari 'n facci a lu livanti:
lu chiamarunu "Sicilia" li genti,
ma di l'Eternu Patri e' lu diamanti.
Un giorno che Dio Padre era contento
e passeggiava in cielo con i Santi,
al mondo penso' di fare un presente
e dalla corona si stacco' un diamante;
gli diede in dote tutti i sette elementi,
lo poso' a mare in faccia al levante
lo chiamarono "Sicilia" le genti,
ma dell'Eterno Padre e' il diamante.
e passiava 'n celu cu li Santi,
a lu munnu pinsau fari un prisenti
e da curuna si scippau 'n domanti;
cci addutau tutti li setti elementi,
lu pusau a mari 'n facci a lu livanti:
lu chiamarunu "Sicilia" li genti,
ma di l'Eternu Patri e' lu diamanti.
Un giorno che Dio Padre era contento
e passeggiava in cielo con i Santi,
al mondo penso' di fare un presente
e dalla corona si stacco' un diamante;
gli diede in dote tutti i sette elementi,
lo poso' a mare in faccia al levante
lo chiamarono "Sicilia" le genti,
ma dell'Eterno Padre e' il diamante.
giovedì 16 maggio 2013
POESIA DIALETTALE
PUISIA
D’AMURI
C’è
‘jntra ‘i mia
‘jntra ‘i
tia,
‘n puntu nicu
nicu
ammucciatu,
nostru
e di nuddu
cchiù!
Nun si viri
ma c’è…
comu na
stidduzza lucenti
‘nta na
nuttata ardenti;
‘nto funnu
do’ to’ cori
e ddo’ miu.
Stu puntu
nicu nicu
è funti
d’amuri granni
ca nun si po’
stutari
pirchì parti
ddò cori.
Armando Carruba
POESIA
D’AMORE – C’è/dentro me/dentro te/un punto piccolo piccolo/nascosto/nostro/e di
nessun altro!/Non si vede/ma c’é…/come una piccola stella che brilla/in una
notte ardente/nel fondo del tuo cuore/e del mio./Questo punto piccolo piccolo/è
fonte di un grande amore/che non si può spegnere/perché parte dal cuore.
sabato 4 maggio 2013
CALENDARIO
Sàbbutu 4 aprili 2013 San Sirvanu
Nun c'è cchiù peju ddà tinta arrinisciuta!
Chi aria chi misi sta minchiuna
ora ch'havi du' coccia di farina!
Quannu si senti chiamari Signura,
mi pigghia la prisenza di rrigina:
di Trapani calò sta viddanuna
ammughiatedda cu la mantillina;
vinnennu java aranci e lumiuna
favi vugghiuti vinnia la matina
Foto: TRAPANI mare
Nun c'è cchiù peju ddà tinta arrinisciuta!
Chi aria chi misi sta minchiuna
ora ch'havi du' coccia di farina!
Quannu si senti chiamari Signura,
mi pigghia la prisenza di rrigina:
di Trapani calò sta viddanuna
ammughiatedda cu la mantillina;
vinnennu java aranci e lumiuna
favi vugghiuti vinnia la matina
Foto: TRAPANI mare
mercoledì 1 maggio 2013
1 MAGGIO FESTA DEL LAVORO
BUON 1 MAGGIO - San Ciseppi falignami
"Maju" dal greco "maios", da "maia" madre, nutrice, dedicato a Maia, dea della fecondità e del risveglio della natura, a cui i romani, in occasione della sua festa, che cadeva il primo del mese, offrivano sacrifici, era detto "Majus mensis", mese di maggio. Anticamente terzo mese dell'anno, ne divenne poi il quinto con la riforma giuliana.
ANTICA USANZA SUPR'E' MAJ
'Na vota, si mittièvunu
maj 'ntè sacchetti e 'ntè porti
ppi ciamari rinari e bona sorti
Difatti - Maj viru e maj cuogghiu,
'a ma casa vai nun vuogghiu;
mai cuogghiu a la campìa
oru e argentu 'n tasca mia
"Maju" dal greco "maios", da "maia" madre, nutrice, dedicato a Maia, dea della fecondità e del risveglio della natura, a cui i romani, in occasione della sua festa, che cadeva il primo del mese, offrivano sacrifici, era detto "Majus mensis", mese di maggio. Anticamente terzo mese dell'anno, ne divenne poi il quinto con la riforma giuliana.
ANTICA USANZA SUPR'E' MAJ
'Na vota, si mittièvunu
maj 'ntè sacchetti e 'ntè porti
ppi ciamari rinari e bona sorti
Difatti - Maj viru e maj cuogghiu,
'a ma casa vai nun vuogghiu;
mai cuogghiu a la campìa
oru e argentu 'n tasca mia
martedì 30 aprile 2013
'A ME' PATRI
A ME PATRI
Patri beddu lu nostru nomu anticu
è sempri chiddu – senza diffirenza -
puru e pulitu ‘n facci lu nimicu
puru e pulitu ‘n facci la cuscenza
e jornu e notti sempri binidicu
cu’ mi fici ‘sta binificenza
pirchì nun c’è bisognu ca lu dicu
lu momu onestu vali ‘na putenza.
Nun sacciu si cci arrivu a ‘ssiri nannu,
forsi sì, forsi no, ccu lu ppò diri…
mi ppò macari cogghiri ‘n malannu,
ma li me’ figghi divunu sapiri
ca ‘nta lu nomu nostru nun c’è dannu
nun c’è virgogna e nun ponu arrussiri
Galenu (dott. Gaetano D’Agata)
A MIO PADRE – Padre bello, il nostro nome antico/ è sempre quello – senza
differenza -/ puro e pulito di fronte al nemico/ puro e pulito di fronte alla
coscienza/ e giorno e notte sempre benedico/ chi mi ha fatto questa
beneficenza/ perché, non è necessario che lo dica/ il nome onesto vale una
potenza./ Non so se arrivo ad essere nonno/ forse sì, forse no, chi lo può dire?
/ mi può, magari, venire un malanno/ ma i miei figli devono sapere/ che nel
nostro nome non c’è nessun danno/ non c’è vergogna e non possono arrossire.
Patri beddu lu nostru nomu anticu
è sempri chiddu – senza diffirenza -
puru e pulitu ‘n facci lu nimicu
puru e pulitu ‘n facci la cuscenza
e jornu e notti sempri binidicu
cu’ mi fici ‘sta binificenza
pirchì nun c’è bisognu ca lu dicu
lu momu onestu vali ‘na putenza.
Nun sacciu si cci arrivu a ‘ssiri nannu,
forsi sì, forsi no, ccu lu ppò diri…
mi ppò macari cogghiri ‘n malannu,
ma li me’ figghi divunu sapiri
ca ‘nta lu nomu nostru nun c’è dannu
nun c’è virgogna e nun ponu arrussiri
Galenu (dott. Gaetano D’Agata)
A MIO PADRE – Padre bello, il nostro nome antico/ è sempre quello – senza
differenza -/ puro e pulito di fronte al nemico/ puro e pulito di fronte alla
coscienza/ e giorno e notte sempre benedico/ chi mi ha fatto questa
beneficenza/ perché, non è necessario che lo dica/ il nome onesto vale una
potenza./ Non so se arrivo ad essere nonno/ forse sì, forse no, chi lo può dire?
/ mi può, magari, venire un malanno/ ma i miei figli devono sapere/ che nel
nostro nome non c’è nessun danno/ non c’è vergogna e non possono arrossire.
martedì 23 aprile 2013
DETTO SIRACUSANO
FINIU A TTRI TUBBA - che significa è finita senza vincitori o vinti, con un nulla di fatto, nun successi nenti di nenti ... ma nenti assoluto! e via di questo passo.
Qualcuno al finìu a ttri tubba ci aggiunge (COMU 'U PAPURI 'I MALTA). Unni? quannu? comu? perchè - dicono - che 'u papuri 'i Malta quando è affondato, affioravano i tre fumaioli....
Desidero smontare questa tesi, 'u papuri 'i Malta il MISTER MISTER aveva un solo fumaiolo e i sarausani lo chiamavano 'A SIGNURINA per il suo scafo bianco. Quando, abbuccò anticchia facennuci viriri comu si fa a fari l'inchino, fu rimesso a nuovo e gli fu dato il nome di STAR OF MALTA - per i sarausani restò sempre 'a signurina, e c'arristò macari l'unico fumaiolo e nni fici ancora viaggi per Malta.
Visto e considerato che FINIU A TTRI TUBBA non c'entri nulla col simpatico vapore di Malta, il termine viene dal gioco dda' 'singa due o più ragazzi ai villini di corso umberto o a piazza S Lucia tiravano in aria le monete da 5 o 10 lire - a seconda della posta - e la stessa cadendo, per vincere doveva avvicinarsi il più possibile alla linea che univa due mattonelle, se fosse andata a quelle delle tre mattonelle avrebbe fatto tri pizzi e vinto su tutti dato che era come il jolly della situazione.
Qualche volta la linea o le linee di congiunzione mattonelle erano rotte e quindi facilmente andava la moneta... in questo caso anzicchè il famoso tri pizzi erano ttri tubba e non vinceva nessuno.
Così è se vi pare... scriveva Pirandello.
FOTO: Nave MISTER MISTER ... affondata (?)
giovedì 18 aprile 2013
PESCA DEL TONNO
La mattanza è la fase finale di un antico, tradizionale e crudele metodo di pesca del tonno che si pratica con le tonnare, un complesso di reti che possono raggiungere i 4 o 5 km. Le barche partono dalle tonnare e calano le reti in mare verso i primi di maggio fino al mese di giugno agli ordini del rais (il capo delle tonnare). Le reti, data la loro disposizione, inducono i tonni ad addentrarsi sempre più nelle maglie. La tonnara è suddivisa in camere che sono disposte in fila e comunicano tra di loro per mezzo delle porte, costituite anch'esse da pezzi di rete. Il tonno, che ripete ogni anno sempre lo stesso percorso, finisce per trovarsi dentro le camere. Quando il rais ritiene che il numero dei tonni sia sufficiente, i tonni vengono indotti ad entrare nella "camera della morte" dove restano intrappolati: a questo punto inizia la mattanza. I tonnaroti, che stanno sulle barche disposte lungo i quattro lati della camera, al comando del rais tirano su la rete e tirandone poco a poco sulle barche i lembi esterni i tonni che rimangono senz'acqua si dibattono, urtando violentemente tra loro. Quando i tonni sono sfiniti vengono arpionati dai "crocchi", micidiali uncini montate su delle aste, che servono ad agganciare i pesci e issarli sulle barche. Gli arpioni provocano loro la perdita del sangue (per questo motivo le carni del tonno pescato sono più tenere e pregiate) e il mare si tinge di rosso. La mattanza è uno spettacolo crudele e sanguinoso e al tempo stesso emozionante. E' la lotta per la sopravvivenza sia per i tonni che per i tonnaroti; infatti da una buona stagione di pesca dipendono le sorti di centinaia di famiglie (imprenditori, pescatori, rigattieri, ristoratori e albergatori per il richiamo che la tonnara esercita sui turisti). Questo tipo di pesca va comunque scomparendo a causa della diminuizione dei tonni, dell'inquinamento crescente del mare, sa della pesca di tipo industriale che intercetta i banchi di tonni molto prima che questi s'avvicinano alle zone costiere.
CALENDARIO
Jovi 18 aprili 2013 San Cardinu
SEMPRI SI TURMENTA, CU MAI SI CUNTENTA
Chi non sa contentarsi, è destinato ad arrovellarsi continuamente
SEMPRI SI TURMENTA, CU MAI SI CUNTENTA
Chi non sa contentarsi, è destinato ad arrovellarsi continuamente
(è la sorte degli scontenti e degli invidiosi)
FOTO - Mattanza a FAVIGNANA
mercoledì 17 aprile 2013
LIDO ARENELLA
LIDO ARENELLA
Quando don Severino Di Mauro aprì il lido Arenella si ci andava con il pulman che partiva da piazza Archimede o chi poteva permetterselo, con la propria automobile. Noi ragazzini andavamo in bicicletta e con un compagno in canna o dietro sul portabagagli e quando si arrivava agli alberi grandi (così li chiamavamo) eravamo quasi arrivati alla meta agognata. Tappa d'obbligo alla saia per dissetarci, quando l'acqua dei campi era superiore a quella che vendono oggi nei supermarket. Il Lido Arenella era là che ci attendeva comu 'na matri aspetta 'u figghiu a vrazza aperti. Al ritorno oltre a bere, cercavamo di levarci i residui dei granelli si sabbia, perchè a mare eravamo andati quasi sempre ammucciuni. Fontane Bianche era ancora 'nta menti 'i Diu, e l'Arenella rappresentava il nostro paradiso estivo....
CALENDARIO
Mercuri 17 aprili 2013 S. Robbertu
OGNI AMURI NICU PIGGHIATU A JOCU, DI 'NA FAIDDA DIVENTA GRAN FOCU
Ogni piccolo amore, iniziato scherzando, da piccola scintilla si trasforma in grande fuoco.
OGNI AMURI NICU PIGGHIATU A JOCU, DI 'NA FAIDDA DIVENTA GRAN FOCU
Ogni piccolo amore, iniziato scherzando, da piccola scintilla si trasforma in grande fuoco.
martedì 16 aprile 2013
SIRACUSA - Fiume Anapo -
L’Anapo il cui nome, di origine greca, significa invisibile, nasce nel territorio di Palazzolo Acreide dalle sorgenti di Guffari sul Monte Lauro, la cima più alta dei monti Iblei (mt. 986 s.l.m.), famosi nell’antichità classica per il loro miele (anche allora ricchi di cespugli di timo selvatico, il miglior pascolo per le api), e dopo circa 40 km, attraverso le gole di Pantalica e tutta la suggestiva vallata che dal fiume prende il nome, scende per l’irrigua pianura di Siracusa attraverso il Pantano Grande (la antica Syraka), ora prosciugato, e si versa nelle acque del Porto Grande di Siracusa a fianco del Ciane, piccolo e breve fiume che, alimentato da una fonte della stessa acqua dell’Anapo, è conosciuto in tutto il mondo per il papiro che cresce spontaneamente lungo le sponde.
IL BALLO DELLA CORDELLA
PETRALIA SOTTANA
Il ballo della Cordella ha origini antichissime che si rifanno a riti arcaici di propiziazione per i raccolti che si devono fare e di ringraziamento per quelli già fatti. Un tempo veniva eseguito nel tempo della mietitura del grano, nelle campagne che si estendono tra le due Petralie e Castellana Sicula. Proprio in quest'area i contadini, ultimati i lavori nei campi, si riunivano in alcune delle tante aie disseminate per i campi e davano vita ad un caratteristico e spettacolare ballo che si svolgeva attorno ad un'asta da cui pendevano diversi nastri variopinti. Nella prima metà del secolo scorso, il ballo è stato ripreso e riproposto in versione folcloristica e oggi viene eseguito, nel corso delle principali manifestazioni di Petralia Sottana e Castellana Sicula.
La prima domenica successiva al 15 agosto, si svolge una sfilata in cui viene rievocato l'antico corteo nuziale che precedeva la celebrazione di un matrimonio, occasione in cui veniva eseguito anche il Ballo della Cordella.
Il ballo della Cordella ha origini antichissime che si rifanno a riti arcaici di propiziazione per i raccolti che si devono fare e di ringraziamento per quelli già fatti. Un tempo veniva eseguito nel tempo della mietitura del grano, nelle campagne che si estendono tra le due Petralie e Castellana Sicula. Proprio in quest'area i contadini, ultimati i lavori nei campi, si riunivano in alcune delle tante aie disseminate per i campi e davano vita ad un caratteristico e spettacolare ballo che si svolgeva attorno ad un'asta da cui pendevano diversi nastri variopinti. Nella prima metà del secolo scorso, il ballo è stato ripreso e riproposto in versione folcloristica e oggi viene eseguito, nel corso delle principali manifestazioni di Petralia Sottana e Castellana Sicula.
La prima domenica successiva al 15 agosto, si svolge una sfilata in cui viene rievocato l'antico corteo nuziale che precedeva la celebrazione di un matrimonio, occasione in cui veniva eseguito anche il Ballo della Cordella.
CHIESA SAN NICOLO' DEI CORDARI a Siracusa
E' situata proprio sopra la Piscina Romana, nel piazzale antistante il parco archeologico.
Nel 1093 in questa chiesa, si celebrarono le esequie del duca Giordano, figlio di Ruggero, Conte di Sicilia (il normanno che aveva tolto la Sicilia ai Bizantini tra il 1060 ed il 1091), che provvide subito dopo a traslare la salma nella abbazia di Santa Maria di Milo, a Messina.
venerdì 12 aprile 2013
SIRACUSA TI AMO E TI ODIO
'U VINTICEDDU 'I 'NA VOTA
C'era una volta il venticello che veniva dal mare allievando la calura estiva. Accadeva soprattutto nei quartieri popolari, i primi a piazzarsi in strada con la brava siggitedda (sediolina) erano le persone anziane, poi i bambini e gli uomini che ritornavano dal lavoro ed infine le donne dopo gli ultimi preparativi per la cena.
... Era un modo per scambiare quattro chiacchiere coi vicini, annaffiare i rasti co' basilicò (i vasi con il basilico fresco e profumato) ... per socializzare.
Era un'altra umanità, un'altra dimensione. Oggi a zà Maria non siede più davanti la porta di casa, e neanche i vicini. Oggi c'è il CONDIZIONATORE! altro che aspettare il venticello fresco che viene dal mare!
Se girate per le periferie, nei vecchi quartieri, difficilmente trovate qualcuno che aspetta la brezza marina... usci e finestre sbarrate, in compenso sui muri delle case, anche le più decrepite, troneggiano gli antistetici motori che tirano fuori l'aria calda e mandano dentro quella fredda.
Magari la za Maria alla mattina avrà le ossa fracassate dai reumatismi, ma parlando con la vicina potrà sempre dire: L'ha visto il mio nuovo condizionatore? E' uno spettacolo! si mangia anche l'umido! ha 3 velocità e quando è al massimo, pari di essere 'a punta ddo' molo come sciuscia 'u vento!
E quella maligna e invidiosa: Ma non sente freddo? non ci piglia l'influenza?
E qua la za Maria da tutto il meglio si sé: Tranquilla commare, lo strumento è attrezzato, all'occorrenza mettiamo in azione la pompa di calore, quella meglio di un lanciafiamme è...!
C'era una volta il venticello che veniva dal mare allievando la calura estiva. Accadeva soprattutto nei quartieri popolari, i primi a piazzarsi in strada con la brava siggitedda (sediolina) erano le persone anziane, poi i bambini e gli uomini che ritornavano dal lavoro ed infine le donne dopo gli ultimi preparativi per la cena.
... Era un modo per scambiare quattro chiacchiere coi vicini, annaffiare i rasti co' basilicò (i vasi con il basilico fresco e profumato) ... per socializzare.
Era un'altra umanità, un'altra dimensione. Oggi a zà Maria non siede più davanti la porta di casa, e neanche i vicini. Oggi c'è il CONDIZIONATORE! altro che aspettare il venticello fresco che viene dal mare!
Se girate per le periferie, nei vecchi quartieri, difficilmente trovate qualcuno che aspetta la brezza marina... usci e finestre sbarrate, in compenso sui muri delle case, anche le più decrepite, troneggiano gli antistetici motori che tirano fuori l'aria calda e mandano dentro quella fredda.
Magari la za Maria alla mattina avrà le ossa fracassate dai reumatismi, ma parlando con la vicina potrà sempre dire: L'ha visto il mio nuovo condizionatore? E' uno spettacolo! si mangia anche l'umido! ha 3 velocità e quando è al massimo, pari di essere 'a punta ddo' molo come sciuscia 'u vento!
E quella maligna e invidiosa: Ma non sente freddo? non ci piglia l'influenza?
E qua la za Maria da tutto il meglio si sé: Tranquilla commare, lo strumento è attrezzato, all'occorrenza mettiamo in azione la pompa di calore, quella meglio di un lanciafiamme è...!
martedì 9 aprile 2013
TEMPIO DI GIOVE
TEMPIU DI GIOVI ('I DDU' CULONNI - ss 115 - 3 km 'i Sarausa)
E' 'ntisu, ccu chiddu di Artemidi, 'u tempiu cchiù anticu 'i tutta 'a civiltati greca in Italia.
Unn'è misu, forsi, sta a indicari 'u puntu unni i Corinzi di Archia sbarcarunu 'ntò 734 a. C.; ddu' quarteri era canusciutu cco' nomu di Polichne.
Diudoru cunta ca, dopu ca vinciu i sarausani a Eloro 'ntò 491 a.C.; Ippocrate, tirannu di Gela, si accampau vicino l'Olimpeion e s'addunò che na para di sarausani e 'u stissu sacerdoti si stavanu pigghiannu a veste... Sarà Dionisio I a pigghiarisi 'u manteddu 'ntò IV sec. a.C. canciannulu ccu 'n autru di lana, dicennu ca accussì Giovi sinteva menu friddu.
'Nta chiana dde ddu' culonni, 'nta varie epuchi, s'accamparunu Cartaginisi, Rumani, Arabi, Spagnoli nelle operazioni d'assediu di Sarausa.
A nuatri nni ristaru parti dello stilobate e ddu culonni, ed è ppi chistu ca 'sta zona è canusciuta comu 'i ddu' culonni.
I sarausani propriu ccà 'nto 478 a.C. ficiru nu granni sepulcru in onuri di Giluni.
E' 'ntisu, ccu chiddu di Artemidi, 'u tempiu cchiù anticu 'i tutta 'a civiltati greca in Italia.
Unn'è misu, forsi, sta a indicari 'u puntu unni i Corinzi di Archia sbarcarunu 'ntò 734 a. C.; ddu' quarteri era canusciutu cco' nomu di Polichne.
Diudoru cunta ca, dopu ca vinciu i sarausani a Eloro 'ntò 491 a.C.; Ippocrate, tirannu di Gela, si accampau vicino l'Olimpeion e s'addunò che na para di sarausani e 'u stissu sacerdoti si stavanu pigghiannu a veste... Sarà Dionisio I a pigghiarisi 'u manteddu 'ntò IV sec. a.C. canciannulu ccu 'n autru di lana, dicennu ca accussì Giovi sinteva menu friddu.
'Nta chiana dde ddu' culonni, 'nta varie epuchi, s'accamparunu Cartaginisi, Rumani, Arabi, Spagnoli nelle operazioni d'assediu di Sarausa.
A nuatri nni ristaru parti dello stilobate e ddu culonni, ed è ppi chistu ca 'sta zona è canusciuta comu 'i ddu' culonni.
I sarausani propriu ccà 'nto 478 a.C. ficiru nu granni sepulcru in onuri di Giluni.
CUCINA SICILIANA
COSTARDELLE FRITTE ALLA MESSINESE
Ingredienti per 4 persone: 800 gr. di costardelle; 2 cipolle grosse; olio, aceto e sale q.b.
Nettare le cipolle, affettarle sottilmente e metterle in una terrina con aceto e sale per circa mezz'ora.
Togliere le teste alle costardelle e nettarle di interiora; lavarle e farle asciugare (ma non infarinatele).
In una padella con molto olio friggerle a fuoco vivo e insaporirle di sale.
Servirle ben calde e con contorno di cipolle.
DIALETTIAMOCI INSIEME
PITTI PITTE' !
pitti, pittè!
'a mamma nun c'è
è ghiuta 'o mulinu
porta un saccu chinu.
Chinu di manna
chinu di stuppa
veni la ciàula
e si l'ammucca!
BIMBO, BIMBETTO!
Bimbo, bimbetto,
la mamma non c'è
è andata al mulino
porta un sacco pieno.
Pieno di pennecchio
pieno di stoppa
viene la taccola
e se la mangia
pitti, pittè!
'a mamma nun c'è
è ghiuta 'o mulinu
porta un saccu chinu.
Chinu di manna
chinu di stuppa
veni la ciàula
e si l'ammucca!
BIMBO, BIMBETTO!
Bimbo, bimbetto,
la mamma non c'è
è andata al mulino
porta un sacco pieno.
Pieno di pennecchio
pieno di stoppa
viene la taccola
e se la mangia
venerdì 5 aprile 2013
SIRACUSA - ARA DI IERONE II - Parco Archeologico
SARAUSA - ARA DI IERONE II - Parco Archeologico
Nu granni altari fu fattu 'ntra 'u 240 e 'u 215 a.C. ppi sacrifici pubblici dda' festa a Giovi Eleutherion, fatta ppi riurdarisi la liberazioni ddo' tirannu Trasibulu ca fu 'ntò 466 a.C.
E' 'a cchiù granni costruzioni di 'stu geniri mai fatta, si putevanu sacrificari 100 voi insemmula e pari ca 'ntà 'n sulu jornu n'ammazzaru 450!
Misurava 198,40 metri per 22,80 metri e si traseva da ddu banni ca eranu 'ntè lati cchiù curti.
Duranti 'u regnu di Ieroni II 'u spaziu a occidenti era attraversatu da stradi, di cui una, parallela 'all'autre, si unceva cull'Agorà 'o Tiatru.
'Nto periudu romanu 'a zona fu ricca di un granni purticatu; al centro di 'stu bacinu c'era un piedistallu ccu 'na granni statua. 'E lati dde' rampi d'accessu all'Ara, eranu sistemati na para di telamoni ('u corrispettivu maschili dde' cariatidi) e 'na granni trasuta.
'Nto cincucentu 'stu monumentu ha subitu tanti prilevamenti a vantaggiu dde' fortificazioni d'Ortigia, voluti da Carlo V.
Di 'stu granni altari, oggi resta 'u basamentu scavatu 'nta roccia.
Nu granni altari fu fattu 'ntra 'u 240 e 'u 215 a.C. ppi sacrifici pubblici dda' festa a Giovi Eleutherion, fatta ppi riurdarisi la liberazioni ddo' tirannu Trasibulu ca fu 'ntò 466 a.C.
E' 'a cchiù granni costruzioni di 'stu geniri mai fatta, si putevanu sacrificari 100 voi insemmula e pari ca 'ntà 'n sulu jornu n'ammazzaru 450!
Misurava 198,40 metri per 22,80 metri e si traseva da ddu banni ca eranu 'ntè lati cchiù curti.
Duranti 'u regnu di Ieroni II 'u spaziu a occidenti era attraversatu da stradi, di cui una, parallela 'all'autre, si unceva cull'Agorà 'o Tiatru.
'Nto periudu romanu 'a zona fu ricca di un granni purticatu; al centro di 'stu bacinu c'era un piedistallu ccu 'na granni statua. 'E lati dde' rampi d'accessu all'Ara, eranu sistemati na para di telamoni ('u corrispettivu maschili dde' cariatidi) e 'na granni trasuta.
'Nto cincucentu 'stu monumentu ha subitu tanti prilevamenti a vantaggiu dde' fortificazioni d'Ortigia, voluti da Carlo V.
Di 'stu granni altari, oggi resta 'u basamentu scavatu 'nta roccia.
mercoledì 27 marzo 2013
RITI DELLA SETTIMANA SANTA - ADRANO CT -
LA DIAVOLATA E L'ANGELICATA
Come in molte cittadine siciliane, la sera del Venerdì Santo, per le principali vie cittadine viene portato in processione il "Cristo Morto". Durante il percorso viene eseguita 'a cantata, un canto accorato e nello stesso tempo patetico, attribuito a diversi autori.
Il rito della Resurrezione trova nella Chiesa Madre un'antica tradizione legata alla civiltà contadina: al momento della Resurrezione un telone, ad Adrano (CT), dipinto da mano ignota nel '700, portante la statua del Cristo Risorto con sotto una corone di candele accese, s'innalza velocemente e, a seconda del numero di candele che rimangono accese, si traggono gli auspici di una buona o cattiva annata.
Ma la rappresentazione della Domenica di Pasqua è veramente unica e si colloca tra le manifestazioni più interessanti delle tradizioni storico-cristiane di tutta Italia.
In piazza Umberto, a mezzogiorno, davanti al colonnato della Chiesa Madre, viene allestito un grande palco su cui viene recitato il dramma religioso "La Resurrezione" opera del poeta adranita Don Anselmo Laudani, scritto nel 1752. Il testo si compone di due parti: "La Diavolata" e "L'Angelicata".
La Diavolata in particolare, si recita da circa 250 anni con attori dilettanti, che si tramandano il testo, i gesti e la declamazione dei versi da padre in figlio. Quest'opera simboleggia, in forma allegorica, l'eterna lotta tra il Bene e il Male con la vittoria finale delle forze del Bene.
Come in molte cittadine siciliane, la sera del Venerdì Santo, per le principali vie cittadine viene portato in processione il "Cristo Morto". Durante il percorso viene eseguita 'a cantata, un canto accorato e nello stesso tempo patetico, attribuito a diversi autori.
Il rito della Resurrezione trova nella Chiesa Madre un'antica tradizione legata alla civiltà contadina: al momento della Resurrezione un telone, ad Adrano (CT), dipinto da mano ignota nel '700, portante la statua del Cristo Risorto con sotto una corone di candele accese, s'innalza velocemente e, a seconda del numero di candele che rimangono accese, si traggono gli auspici di una buona o cattiva annata.
Ma la rappresentazione della Domenica di Pasqua è veramente unica e si colloca tra le manifestazioni più interessanti delle tradizioni storico-cristiane di tutta Italia.
In piazza Umberto, a mezzogiorno, davanti al colonnato della Chiesa Madre, viene allestito un grande palco su cui viene recitato il dramma religioso "La Resurrezione" opera del poeta adranita Don Anselmo Laudani, scritto nel 1752. Il testo si compone di due parti: "La Diavolata" e "L'Angelicata".
La Diavolata in particolare, si recita da circa 250 anni con attori dilettanti, che si tramandano il testo, i gesti e la declamazione dei versi da padre in figlio. Quest'opera simboleggia, in forma allegorica, l'eterna lotta tra il Bene e il Male con la vittoria finale delle forze del Bene.