Essiri figghiu dda' jaddina janca
essere figlio della gallina bianca - 'u figghiu ddo' cori (PRIVILEGIATO)
Se veniva a mancare ’a çiocca (la chioccia) la massaia si dava da fare con un espediente ereditato dalla tradizione popolare. Alle ore 12 del 25 marzo, giorno in cui si ricorda l’apparizione dell’Angelo a Maria e l’annuncio dell’incarnazione, prendeva ’na jaddina niura (non aveva importanza se faceva ancora le uova) e la posava su una cesta dentro la quale aveva precedentemente messo, in numero dispari, le uova da covare. Per evitare che scappasse, con entrambe le mani la bloccava sulla cesta e quando la gallina non si muoveva più la copriva con un panno facendovi con la mano destra il segno della croce. Da quel momento la gallina sarebbe diventata chioccia (acciuccata) perché quell’ora di quel giorno, secondo la fantasia della popolazione rurale dell’Ottocento, era miracolosa per la fecondazione. Non per niente la Santa protettrice dei polli era la Madonna.
Se durante la covata, che durava dai 20 ai 25 giorni, scoppiava un temporale non c’era da preoccuparsi per la sana formazione dei pulcini perché la massaia aveva messo precedentemente sotto la paglia, che fungeva da letto alle uova, un pezzo di ferro in grado di assorbire le scosse dei tuoni.
L’attitudine propria delle galline nere, divenute chiocce in modo forzato, a non proteggere adeguatamente i propri pulcini nei loro percorsi giornalieri alla ricerca di cibo ha dato origine al detto Essiri figghiu râ jaddina niura con cui in senso figurato ancora oggi si suole indicare chi, all’interno della famiglia o di una comunità è meno rispettato degli altri, diversamente dal prediletto o beniamino che è indicato come Figghiu râ jaddina janca. Un’amara considerazione alla disparità di trattamento di qualcuno nei confronti di una persona piuttosto che di un’altra è l’espressione sentenziosa che si riallaccia al mondo di questi animali: Cci dissi ’u puddicinu ’nta la nassa: quannu maggiuri c’è, minuri cessa
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