sabato 20 dicembre 2014

I CARNAGGI di Armando Carruba

I CARNAGGI

Con l'approssimarsi del Natale, nei centri agricoli c'era la consuetudine da parte dei fittaioli di portare i "carnaggi" al padrone. Era questo, un uso molto antico e esteso a tutta la Sicilia che si rispettava puntualmente anche per le feste di Pasqua e Carnevale e a chiusura della stagione agricola. Le appendizie dovute al padrone, erano espressamente previste nei contratti agrari stipulati con i gabelloti: in genere erano costituiti da capretti, polli, formaggi "priminticci", ricottelle, uova, retoni di paglia, frumentina, "cufini" di fichi d'India, e così via. Altra tradizione natalizia, ancora in uso sia tra le famiglie contadine che in quelle borghesi, era quella del porco, del porco nero: lo si ammazzava e lo si magnificava! Per evitare spiate e non pagare il dazio, l'olocausto si compiva clandestinamente e con la complicità delle tenebre.
Si legava l'animale per le zampe e si cercava d'immobilizzarlo su una specie di tavolo sacrificale approntato con dei trespoli e una porta vecchia. Trafitto alla gola l'animale cominciava a mugghiare e a sgriddare a più non posso: tutt'intorno c'era il ballo di S.Vito: chi lo teneva, chi raccoglieva il sangue zampillante, chi attizzava la brace, chi lo scurava e chi lo spilava dandogli a raschiare con il coltello. Sventrato, veniva fuori, ancora fumante, tanta grazia di Dio da far confondere. Poi si squartava e si divideva in "minzini" due o quattro.

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