A PASSARI ‘A NUTTATA
A passari ‘a nuttata in italiano:
Deve passare la notte ed è la celebre
frase di Eduardo De Filippo nel suo famoso lavoro teatrale Napoli Milionaria. Deve passare questa notte perché tutti abbiamo
una notte sperando che l’alba ci porti
nuovi orizzonti positivi.
Da ragazzino sono stato un timido
anzi dirò di più…timidissimo! Meglio
timido e sincero che etc. etc.,
naturalmente avevo i miei amori, che soltanto io sapevo, altre volte
capitava del pazzesco come questa innocente storiella.
Da ragazzino abitavo al Molo S.
Antonio in una casa che descriverla come meravigliosa è troppo poco, non c’è
aggettivo che possa sottolineare la mia fanciullezza splendida!
Mio padre oltre ad essere Capo
Guardia Sanitaria era anche il custode della Stazione Sanitaria Marittima, due
edifici conosciuti come ‘U Lazzarettu
per me ragazzino un sogno! Innanzittutto perché avevo il mare a mia portata nel
vero senso della parola, in estate facevo colazione e dalla banchina di casa mi
tuffavo nelle splendide acque del porto; in inverno godevo dello spazio di un
grande terrazzo attigua all’abitazione e se questo non bastasse delle
innumerevoli stanze vuote del piano sottostante insomma uno spasso difficile da
descrivere ma facile da provare.
La mia stanza, guardava la
ferrovia, quel tratto di linea ferrata, oggi strada, che dalla Stazione
Centrale di Siracusa andava alla
Stazione Marittima, un peccato che questa Stazione non esiste più.
Le persiane lato ferrovia davano
su due finestre …e va bene, finestrelle come quelle che si vedono nelle
cartoline di una volta, era un pianterreno abitato da un carrettiere con la
moglie, la suocera – la cara nonnina – e due figlie.
Non ricordo chi iniziò, ma fatto
è che la domenica pomeriggio mi trovavo seduto sul davanzale della mia finestra
a guardare la ferrovia ascoltando musica e dall’altra parte le due sorelle,
m’interessava la più grande Mara; la sognavo per tutta la settimana e la
domenica ci lanciavamo sguardi furtivi, sì perché se uno dei due si accorgeva
che l’altro s’accorgeva che guardava…distoglieva lo sguardo! Una famiglia
modello, diceva mia madre, a volte le ragazze venivano a casa per portare i
vestiti realizzati dalla loro mamma che era una brava sarta a volte capitava
che andavo io a portare la stoffa o a giocare nel loro vicolo con i compagni.
Un brutto giorno del ’59 mia
madre ebbe un ictus, passammo dei momenti bruttissimi, ricordo i medici
che venivano, i consulti i professori chiamati da Catania e
un giorno la sentenza Non avrebbe
superata la notte. Mio padre e la mie sorelle fecero il punto della
situazione e tra le altre cose mi fecero andare dalla signora per dirle di non
fare i due vestiti perché era inutile; ricordo che si precipitò a casa mia, la
vidi piangere e non restituì la stoffa.
Quella notte nessuno a casa mia
dormì, andai sul davanzale e stranamente la luce della casa di fronte era
accesa…che stava male la nonnina? L’indomani mattina la signora venne a casa
nostra portando i due vestiti fatti, ci aveva lavorato tutta la notte e fu di
buon augurio perché mia madre superò quella notte e malgrado patì mille
sofferenze morì il 28/9/1981.
Mara si era fidanzata
giovanissima con uno che aveva bottega, più grande di lei e anche la sorella
con un barista; negli anni che conducevo un programma radiofonico, Mara mi
telefonò dicendomi che tutta la sua famiglia e sua madre in particolare mi
ascoltavano domenica dopo domenica, sono andato a trovarla e ho conosciuto il
marito, una bravissima persona buono come il pane e appunto nella sua bottega
di generi alimentari vanno forte i panini per
gli studenti e operai mattinieri.
Da Mara ho saputo che la sorella
è scomparsa per un male incurabile e che la madre sta malissimo spero tanto che
passi la sua notte; quelle rare volte che passo da quella strada mi soffermo a
guardare le due finestre e non posso
fare a meno di pensare: Com’era bello una
volta.
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