‘U CAFFITTERI
Questa figura di venditore ambulante mi ha sempre
affascinato, anche se a dir il vero non l’ho mai visto all’opera.
Nel 1969 si
provava I NAVARRA di Vanni Pucci, facevo il direttore di scena,
e nel copione era prevista una voce fuori campo che dicesse: cafèèè ch’è ch’jornu! (caffè che è
giorno) e alla mia domanda cosa
c’entrasse questa voce,
mi fu descritto
questo tipo di
venditore ambulante ‘u caffitteri
(il venditore di
caffè). Generalmente si
trattava di una persona anziana,
che si doveva
alzare prima di
tutti se voleva vendere caffè caldo ai passanti che
incontrava per le strade quasi deserte.
Portava – mi
fu detto –
sul braccio sinistro
un paniere con
due o tre
tazze, altrettanti cucchiaini e alcuni sigari fatti con foglie di
cavolo, mentre con
la mano reggeva
quella che doveva essere
caffettiera, contenente liquido chiamato cafè costituito da orzo abbrustolito.
Occorre
pensare che si
era nel periodo post bellico; e con voce cadenzato
vanniava: cafèèè ch’è ch’jornu!
Qualcuno, ancora pieno di sonno e
infreddolito si fermava e
chiedeva un soldo di caffè, ed il nostro uomo, in una tazzina passata per tante
bocche, versava quella specie di caffè e l’offriva al richiedente, che sorbito
e acquistando un sigaro s’allontanava allegro sbampannu.
Proprio negli anni 1968/69, lavorando in SINCAT – stabilimento
petrolchimico di Priolo – ricordo che soprattutto negli
impianti fermi per manutenzione
generale, e quindi con
molti lavoratori impegnati a
terminare i lavori al più presto possibile, passava un ragazzo
con la bicicletta e provvisto
di termos di
caffè, che vendeva,
per conto del
bar della mensa, versandolo in bicchierini di plastica
con cucchiaini plastificati anch’essi.
Per i lavoratori era un
attimo di ristoro
e l’occasione per una pausa al
posto fumo per una sigaretta e scambiare qualche parola.
Le macchinette del
caffè, disseminate in ogni dove, hanno sostituito per sempre anche questi
ragazzi moderni caffitteri.
MATINU
Armando Carruba
‘N aciduzzu canta
lu suli s’affaccia
‘i ciuri ‘rapunu ‘i buttuneddi
‘n jattu si stinnicchia
na ciucettula nesci fora
‘n vecchiu tussìa
e cco’ ciauru ‘i cafè
bona
jurnata a ccu jé ‘gghié
Armando Carruba
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