lunedì 7 dicembre 2015

I FATTI DI AVOLA

La sera del 7 dicembre 1968 sugli infreddoliti milanesi che si stanno recando alla Scala impellicciati ed ingioiellati, piovono uova! CON L'AUGURIO DI BUON DIVERTIMENTO DA PARTE DEI BRACCIANTI DI AVOLA! come si leggeva in un cartello tirato su dai lanciatori, in lotta contro i consumi della società del benessere. Naturalmente era un paradosso rispetto a quello che era successo ad AVOLA (SR) tra i lavoratori della terra in lotta. Cinque giorni prima ai braccianti, che chiedevano pane era stata somministrata una dose di piombo. Il 2 dicembre 1968, dopo 2 settimana di stato di agitazione nelle campagne del siracusano, s'era giunti allo sciopero generale. Gli esercenti dei piccoli negozi alimentari, coinvolti nel destino dei braccianti per quell'economia del vicolo dove i soldi della povera gente sono i piccoli agi del minuscolo rivenditore, del dettagliante... avevano abbassato le saracinesche per soliedarietà con i braccianti che chiedevano più soldi, l'apertura serale dell'ufficio di collocamento, la riduzione dell'orario di lavoro. Poteva essere un giorno di vacanza, fu un giorno di lutto! "Ma cchi ni stamu pigghiannu a pitrati tra nuautri?" Angelo Sigona era morto a soli 28 anni, Iano Re se la caverà, ma aveva il fegato trapassato da una pallottola, lo portarono dietro il muro a secco. Soltanto l'occhio esperto di un medico, capitato lì per caso o soliedarietà, fece capire che la polizia sparava.
Chiusa di Carlo, alla periferia di Avola. In quel tratto di campagna che vide gli scontri, ora sorge l'Ospedale con un cippo funerario che ricorda i poeveri Scibilia e Sigona.
I braccianti dopo l'esperienza del 1963 e del 1966, avevano stabilito di riunirsi a Chiusa di Carlo, sulla strada aperta alla campagna, per non finire imbottigliati dentro le vie del centro cittadino, malmenati casa per casa e arrotati dalle camionette dei poliziotti.
Chiusa di Carlo oltre a permettere di scappare per i campi nel caso di carica da parte della polizia, consentiva di bloccare quei braccianti (crumiri) che avessero deciso di andare a lavorare rompendo così il fronte di lotta.
Il grosso dei lavoratori quel giorno era sparpagliato per le strade di Avola a controllare che le saracinesche degli esercenti fossero abbassate. Avevano indetto lo sciopero generale di tutte le categorie ed era riuscito. La notte in giro per il paese con gli altoparlanti sulle macchine per tenere svegli quei braccianti che erano andati a dormire di prima serata, per avviarsi riposati al lavoro a dispetto dello sciopero.
Per la mattinata era andato tutto bene. Intorno alle 2 del pomeriggio a Chiusa di Carlo arriva un plotone di polizia e si dispone a cerchio con le autoblinde.
I lavoratori parlamentano con il vicequestore che non vuole sentire ragioni e comanda i tre famigerati squilli di tromba preludenti la carica.
In un attimo i massi dei muretti a secco vengono trasferiti al centro della strada per fare un argine e smorzare la violenza della carica.
Dall'altra parte si risponde con un lancio, controvento, di lacrimogeni che affumicano gli genti.
Dal lato dei braccianti spicca il volo, un fitto stormo di pietre seminando il panico tra i poliziotti intossicati dal fumo dei loro candelotti; sparano a colpi singoli e a raffica, raccoglieranno in seguito 2 kg di bossoli che furono portati in Camera dei deputati.
I braccianti scappano per i campi, si rifugiano dietro gli alberi colpiti ad altezza d'uomo dai proiettili, trascinano dietro i feriti, tutti sono sgomenti ed increduli.
Ma cosa chiedevano questi braccianti agricoli? L'ingaggio, cioè la dichiarazione ufficiale di assunzione al lavoro che dava il beneficio delle previdenze assistenziali, l'abbattimento della divisione intercomunale del salario (lo stesso lavoro ad Avola era pagato meno che a Lentini); l'apertura serale dell'ufficio di collocamento, richieste tutte che avrebbero fatto parte dello Statuto dei Lavoratori e che dovevano cancellare per sempre il mercato di piazza, il caporale che assumeva il bracciante in piazza palpandogli i muscoli e che pagava al di sotto delle già basse tariffe salariali.
Com'è finita? con i morti, i feriti, l'impunità dei responsabili e una denuncia per 140 lavoratori accusati di omicidio colposo.
Ma c'erano altre rivendicazioni: i lavoratori che venivano dai Nebrodi, da Alcara li Fusi, non avevano alloggi. Dormivano sulle cassette di pomodoro, convivevano in baracche in piena promiscuità, non avevano servizi igienici.
Le donne lasciavano in custodia i neonati ad una bambina un pò più cresciutella per ritornare al tramonto ad allattarli con le mani, il corpo, il seno sporchi di vapori di zolfo di cui erano intrisi gli ortaggi e agrumi.
La mattina, prima dell'alba, si vedeva riunita in piazza una folla di uomini e ragazzi, ciascuno munito di una zappa.
Era il mercato del lavoro, ed erano tutti lavoratori che aspettavano qualcuno che venisse a locare le loro braccia per una giornata o per una settimana.
Dormivano nei cortili dei feudi, sia in mezzo ai campi, sotto capanne provvisorie di paglia o di frasche o sotto la volta del cielo.
Piazza Umberto I°, ad Avola è un grande rettangolo, tagliato perpendicolarmente da due strade in quattro quartini; in uno ci sono i limonari, raccoglitori e potatori di agrumi, in un altro gli ortolani, raccoglitori di ortaggi e negli altri due, semideserti, il terziario impiegatizio.
I braccianti a gruppi aspettavano che si faceva avanti il caporale e la sera...

Nessun commento: