Il sangue, insaporito con latte, un po' di zuchero, prezzemolo, noci pestate e pepe nero, e insaccato dentro il "cularinu" si metteva a bollire e diventava squisito "'u sangunazzu". Le interiora arrostite alla brace, si facevano prelibati bocconcini da consumare subito, oppure, sposate a tenere cipolline, si trasformavano in succulente padellate, delle quali in breve tempo non rimaneva nessuna traccia.
I "minzini" a seconda della parte anatomica di provenienza, diventavano salsiccia pepata rossa e impastata con vino e finocchietto, lardo salato e pepato nero, pancetta, gelatina, strutto, insomma tutto ciò che è possibile rimediare dal maiale.
Un'altra tradizione popolare diffusa nell'isola, era quella di bruciare il ceppo ('u zuccu) nella notte della vigilia sul piazzale delle chiese.
Attorno a quel fuoco, si riunivano famiglie e i parenti più stretti in attesa della natività: era come un rito sacrale che si rinnovava ogni anno.
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