Torna tutti gli anni, di questi tempi, la voglia delle castagne. Ad ogni angolo della città si vedono, fumanti, i fornelli che le abbrustoliscono. La ricetta è semplice: tagliare il guscio con un colpo secco affinchè la caldarrosta non scoppi, farla cuocere a lungo fino a quando la buccia non sia diventata scura, ed il piatto è pronto. Ottime nelle serate invernali, si vendono quasi sempre appena fatte, calde, a cartocci o in busta.
Anche se di recente ne abbiamo scoperto il sapore, la castagna ha una lunga storia alle sue spalle. Nell'antichità romana era il cibo dei ricchi; nel medioevo e nei secoli successivi la castagna diventa progressivamente il cibo delle classi meno abbienti.
Ricca di proteine, facile da trovare nei boschi, aiuta i poveri a sopravvivere. Altra sorte per la farina di castagne. Nota per una qualità in particolare, quella di conservarsi bene e a lungo, i principi ne facevano scorta per sostenere gli assedi delle truppe nemiche. E' un ingrediente fondamentale nelle tavole dei poveri, che la usavano per fare un surrogato del pane, in questo modo resistevano all'inverno.
Nel '700 la ditta Romanengo inventa i marron glacés: ricopre con una glassa di marrone, la qualità più pregiata delle castagne. Ogni riccio infatti fornisce un frutto solo, molto grande. Poi nulla più. Cade nell'oblio generale, fino ad oggi, Roma, Napoli, Catania, Siracusa, ovunque si vendono, si mangiano, diventano il simbolo della fine d'ottobre/nov./dic. Annunciano l'inverno ma anche le feste. Fino a qualche tempo fa ignorate, fanno il loro ingresso perfino nei ricettari. Si dà sfogo alla fantasia, e si creano piatti sifziosi; come il dolce di castagne, piatto preferito da Giuseppe Verdi.
Per gli amanti delle caldarroste comprate per strada, o semplicemente abbrustolite, invece, meglio accompagnarle con un buon vino novello, che saprà far godere il gusto delle caldarroste.
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