DUE
NOVEMBRE
La favola dei morti siciliani
Il
ricordare, è forse, la più intrinseca facoltà dell’uomo poiché nell’inserire la
marcia indietro del pensiero, è il cuore che affianca la mente; ed è per questo
che ho colto al volo quel pulviscolo di memorie del tempo andato.
Tra
le cose che rimpiango della mia infanzia, c’è certamente quell’usanza
gentilissima che in Sicilia sono i morti.
Nella
tristezza del giorno che commemora i nostri cari defunti , solo i bimbi
sorridevano e lo scoppiettio delle loro pistole faceva da compenso a quel
malinconico silenzio di chi pensava a chi non è più tra noi.
Che
ansia per i ragazzini la sera del primo novembre! Si preparava un cesto grande,
quello in cui la mamma metteva la biancheria da stirare; ed il cesto, sebbene
grande era piccolo per la nostra avidità.
Ad
alta voce esprimevamo i nostri desideri: Voglio
che i morti mi portano la pistola a capsi con scolpita la testa dell’indiano
come quella vista sui carrettini di piazza Pamcali! Mio fratello più grande
desiderava ardentemente il fucile a piumini che in quegli anni era in vendita
libera.
I
nostri genitori ascoltavano questi discorsi e si scambiavano occhiate che a noi
sfuggivano.
Per
farci dormire o comunque farci stare buoni a letto, mio padre ci raccontava
storie da far rizzare i capelli a un tignusu!
Cosa
curiosa, invece di stare svegli come ci eravamo ripromessi di fare, finivamo
per cadere in un sonno pesantissimo, ed eravamo svegliati dagli scoppiettii
delle pistole a capsi e fulminanti del ragazzini del vicinato.
Allora
lanciando urla ci precipitavamo in camera da pranzo, che fungeva pure da
salotto, e meraviglia delle meraviglie, i morti ci avevano portato quello che
noi per tanto tempo avevamo desiderato, eccetto per il fucile a piumini di mio
fratello perché avevano lasciato scritto che era troppo pericoloso.
Eravamo
così felici dei nostri giocattoli che più delle volte li portavamo al cimitero;
e lì ci riunivamo sulla collinetta a giocare agli indiani.
Il
2 novembre era una giornata da Far West in tutta Siracusa, ai Villini, ai
vicoli Zuara e Giuliana, in Ortigia, alla Borgata; poi il 3 novembre tutti a
scuola in via G.B. Per asso, ed una volta in classe la domanda spontanea e più
frequente sulle labbra dei ragazzini era …Chi
ti lassaru ‘i morti? (cosa t’hanno portato i morti?) perché i morti si
distinguevano in ricchi e poveri per via dei regali che facevano.
Quando
un compagno di giochi più grande di me, mi disse chi in realtà fossero i morti
che facevano regali ai bambini ci rimasi male.
E’
passato tanto tempo, i bambini sono cambiati, non giocano più in strada come
una volta, chiusi come sono nelle case in condominio ed in quartieri dormitorio
con gli occhi fissi al computer o al televisore.
Non
so se questa meravigliosa favola dei morti siciliani resiste ancora, anche se
sarà inevitabile che su questa usanza il tempo scriverà la parola fine.