W LE FESTE DI BALLO DI UNA VOLTA !
Un gruppo di giovani, cui mai sarà tributata lode sufficiente, ha fotografato e continua a fotografare i cortili, le viuzze, i balconi e tutto quello che a loro modo di vedere è interessante in Ortigia. Hanno paura che un giorno i cosiddetti palazzinari riusciranno a far scomparire tutto ed essi, non potendo impedire che ciò avvenga, vogliono che di tutto almeno resti un ricordo.
Paure assurde? Sarà ma che male fanno? Lasciamocelo fare.
La stessa strada la percorrono coloro i quali girano i paesi alla ricerca di testimonianze della civiltà contadina: fusi, arcolai, cavezze, quartare, piatti ppo’ ‘strattu, etc.
Si sente sovente dire con un sospiro…”’E me’ tempi!” beh, a quei tempi il pane era pane, il vino era vino e il ballo era ballo perdindirindina! Dice ma oggi il ballo chi è? Sì continuano a danzare ma consentitemi che è tutto diverso da allora.
A quei tempi niente grandi viaggi, niente crociere e certi luoghi si ricercavano esclusivamente sui libri di geografia o sugli atlanti.
Si organizzavano le feste da ballo che, cosa importante, costituivano il mezzo quasi unico e raro per avvicinare una ragazza, per tentarne l’approccio di qualche consistenza, per dare inizio ad un corteggiamento suscettibile di promettente sviluppo. E poi…che scherziamo? Chi se lo sognava di potere , senza correre rischio alcuno, tenere fra le braccia e stringere a se una fanciulla? Di abbracciarla in pubblico e sotto gli occhi di tutti, magari per convincerla ballando a farsi abbracciare in segreto e lontano da occhi indiscreti.
Oggi si continua a ballare, ma è tutto diverso: i giovani danzano ognuno per proprio conto, tanto che certe volte dando un’occhiata alla sala diventa un rebus sapere se quel tizio balla con la tizia o con la tazia o con tutte due, tre, quattro insieme.
Ieri le feste da ballo riuscivano quasi sempre favolose merito dei padroni di casa, e occorre precisare che all’epoca ai balli dei giovani non erano esclusi i padri, le mamme e i nonni!
Ad un certo momento si aprivano le danze; si ballava al suono del giradischi che si chiamava grammofono o di qualche volenterosa orchestrina.
La coppia, formata da persone che, almeno ufficialmente non si conoscevano, durante l'esecuzione difficilmente apriva bocca. Solo alla fine di ogni ballo il giovane, per ringraziare la dama, le accennava un timido sorriso accompagnato da un sommesso grazie.
Si racconta che una volta una signorina giustificò con queste parole il rifiuto al ballo:
In primisi, primisi, nun sacciu abballari
poi poi, me' patri nun voli
e chinnicchinnacchi ballu ccu vui?
Nessuno faceva coppia fissa e nessuno ballava guancia a guancia, perché avrebbe dati troppo all’occhio, è anche evidente che certe signorine di balli non se ne perdevano neanche uno ed i giovani, in special modo i figli del padrone di casa, facevano in modo affinché non restassero ragazze a far tappezzeria.
Poi i vispi nonnetti reclamavano a gran voce il valzer, ed allora sì, era un vero spettacolo vederli scatenarsi in vertiginose evoluzioni, che, a star troppo vicini, si correva il rischio di essere travolti.
Ansanti e trafelati ma raggianti di felicità, ritornavano infine ai loro posti, dopo aver gratificato l’intrepida dama con un profondo inchino vecchio stile.
Se la festa accennava a languire, per stanchezza o altro, il padrone di casa decretava una pausa, ed era quello il momento di una bella passata di dolcini, vermuth o moscato: insomma si riprendeva fiato.
Si faceva qualche gioco, oppure qualcuno raccontava una barzelletta. Alla fine la festa giungeva al termine con la controdanza, che era un ballo corale che coinvolgeva tutti giovani e vecchi, si articolava in cento figure da eseguire agli ordini del bastoniere.
Infine si cominciava a sgombrare il campo e si prendevano accordi per la prossima festa; dopo i ringraziamenti ai padroni di casa e i saluti a quelli che sarebbero andati per strade diverse, si sciamava ridendo, commentando e spettegolando attraverso il cielo stellato della notte.