U
BAGNU ‘O MOLU
Veni
veni…Arturu! E ‘u picciriddu chiamato, si tuffava do’ pileri in quel mare
azzurro del porto, scandendo a sua volta il nome di un altro compagno di giochi
e così via.
Questo
era l’innocente gioco do’ veni veni,
niente di particolare sino a quando un ragazzino dimenticava chiamare al tuffo
l’amichetto, allora come penitenza riceveva da tutti i partecipanti ‘n abbudduni cché manu e cché peri; cioè
a dire ogni compagno di giochi mediante una spinta con le mani sulle spalle del
penitente di turno lo mandava sott’acqua e lo spingeva più sotto possibile con
i piedi; considerando che quasi sempre prendevano parte al gioco una ventina di
ragazzini, ci vuole poco ad immaginare come si doveva sentire al termine di
questa penitenza l’abbuddatu di turno.
C’erano
i burloni, ne ricordo uno in particolare soprannominato Cicidda che quando
notava nuovi partecipanti al gioco, sbagliava apposta e all’abbbudduni del
nuovo venuto scompariva sott’acqua per poi andarsi a nascondere dietro una
barca.
Comprensibile
lo stato d’animo di chi aveva dato l’abbudduni, anche perché gli altri,
complici della burla, rincaravano la dose facendo spaventare il più possibile
il nuovo partecipante che ansioso fissava lo specchio d’acqua.
Dopo
cinque minuti, nuotando sott’acqua, riemergeva Cicidda tra le risate generali e
c’era chi credeva che quel ragazzino avesse tanto fiato da poter rimanere
sott’acqua ben dieci minuti.
Cicidda
passava le sue giornate estive a mare, definirlo un Colapesce anni cinquanta
non sarebbe per niente errato, per la sua predisposizione a stare sott’acqua,
ad allenarsi a toccare fondali sempre più profondi o perfezionare i suoi tuffi
do’ pileri a volo d’angelo.
Gli
altri ragazzini prendevano i mazzuni,
tipi di pesci lunghi 8 o 10 cm che prediligono i bassi fondali fangosi
rintanandosi sotto grosse pietre, e che si nascondevano dentro i copertoni di
biciclette che numerosi erano in quello specchio di mare di fronte al
Lazzaretto; oppure con un pesciolino legato ad un fil di ferro tentavano di
stanare i ranciu pilusi.
Si
passavano così le giornate estive al molo S. Antonio, prima del tramonto si
tornava a casa, non prima di essersi sciacquati
alla fontanella del porto, evitando in questo modo che una imprevedibile
leccata da parte dei genitori sulle braccia, tradisse il bambino che andava a
mare senza che nessuno a casa lo sapesse.