CANTINA DI PILLUCCIO
Ju era nicu… scola nun ni manciavu, non perché non fossi
intelligente, tutt’altro, ma perché, commettendo il più grosso e credo unico
errore della mia vita, avevo come punto di riferimento l’uomo forte, il
lavoratore e nessuna carriera scolastica poteva farmi felice come il mio essere
lavoratore spartano.
Finita la scuola media, non trovando lavoro mi sono
arrangiato alla segheria che numerose operavano a Siracusa, per sentirmi grande
fra i grandi, ho iniziato a fumare, giocare a carte e frequentare con i grandi,
una volta la settimana, quannu si pigghiavunu ‘i sordi, ‘a Cantina ‘i
Pillucciu.
Pilluccio era descritto come un uomo nobile di cuore, faceva
cridenza (credito) soprattutto con i pescatori che numerosi frequentavano la Cantina. Signava tuttu chiddu ca cunsumavanu i piscaturi di
ogni barcone e quando si effettuavano i conti del pescato, lì, tra i separè di
tavoli sforniti di tovaglie e il bancone carico di botti di vino e pietanze,
come ova dure abbagnate ‘nto Sali finu, i’ntuppateddi, i legumi, i sadi a
beccaficu, i primi soldi che venivano messi da parte erano per Pilluccio.
Noi delle segherie la domeniche si giocava a carte al
canneto del corso Gelone, dove adesso c’è ‘a Cassa Mutua, era un rito, a
pensarci brutto, perché padri di famiglia si giocavano la paga settimale e alle
volte restavano all’asciutto e dopo aver lavorato sodo una settimana non
portavano niente a casa. Poi nel pomeriggio tardi, prima d’andare al Cinema,
una puntata da Pilluccio per ‘u purpu e birra a volontà (anche se cco’ purpu ci
voli vinu). Ci sentivamo grandi e dentro quel gabbiotto potevamo parlare di
tutto e di più senza essere ascoltati da orecchie indiscrete e questo ci faceva
sentire grandi!
Una tradizione vuole la sosta dei portatori del simulacro di
San Sebastiano di fronte all’edicola della Madonna delle Grazie nella piazza
della Graziella: che significava bicchieri di vino e uova sode.
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